
In uno studio innovativo pubblicato su Nature Human Behaviour, i ricercatori hanno dimostrato il potenziale delle interfacce cervello-macchina (BMI) per decodificare il parlato interno dai segnali cerebrali. A due partecipanti con tetraplegia sono stati impiantati array di microelettrodi nella circonvoluzione sopramarginale (SMG) e nella corteccia somatosensoriale primaria (S1). Hanno eseguito compiti che coinvolgevano sia il discorso interno che quello vocalizzato di sei parole e due pseudoparole. I risultati hanno mostrato una rappresentazione neurale significativa di entrambi i tipi di linguaggio a livello di singolo neurone e di popolazione nell’SMG.
Metodi di ricerca innovativi
Lo studio ha utilizzato tecniche avanzate di registrazione neurofisiologica per decodificare il parlato interno e quello vocalizzato. Con l’attività della popolazione registrata nell’SMG, i ricercatori hanno raggiunto una precisione di decodifica media del 55% e del 24% per il parlato interno e del 79% e del 23% per un’attività online. Lo studio ha anche trovato rappresentazioni neurali condivise tra il discorso interno, la lettura delle parole e il discorso vocalizzato in un partecipante, suggerendo una codifica fonetica nell’SMG.
Implicazioni per la comunicazione
Questa ricerca fornisce una prova di concetto per BMI del linguaggio interno ad alte prestazioni, indicando il loro potenziale per ripristinare le capacità di comunicazione per le persone che hanno perso la parola a causa di condizioni neurologiche. Lo studio evidenzia il ruolo dell’SMG nel rappresentare il linguaggio interno, suggerendo che questa regione del cervello potrebbe essere fondamentale nello sviluppo di futuri dispositivi di comunicazione.
Sfide e direzioni future
Nonostante i progressi significativi, lo studio riconosce le sfide nella decodifica del linguaggio interno a causa dei rapporti segnale-rumore più bassi e delle differenze nelle attivazioni corticali. Tuttavia, i risultati aprono nuove strade per le applicazioni del BMI, offrendo speranza a soggetti affetti da condizioni come la SLA o la sindrome locked-in. La ricerca futura si concentrerà sul perfezionamento di queste tecniche per migliorare la precisione ed espandere il vocabolario, con l’obiettivo finale di creare strumenti di comunicazione più efficaci per chi ne ha bisogno.