Internet quantistica, qubit di luce mantenuti stabili a temperatura ambiente

Chip di memoria, protetto in una cella di vetro (credito: Eugene Simon Polzik)

Bit quantici di luce stabili a temperatura ambiente e non solo a -270° centigradi: è l’obiettivo che un team di ricercatori dell’Università di Copenaghen dichiara di avere raggiunto in uno studio pubblicato su Nature Communications.[2]
Si tratta di una notizia importante per quanto riguarda la crittografia quantistica: i qubit di luce, sostanzialmente singoli fotoni, infatti, sono molto difficili da hackerare. E ancor di più lo sono quando sono stabili.

Affinché possano essere stabili, però, debbono lavorare a temperature molto basse, fino a 270° sotto lo zero. Questo perché quando gli atomi vengono esposti al calore si muovono molto più rapidamente e cominciano a scontrarsi non solo tra loro ma anche con le pareti del chip. Proprio per questo cominciano ad emettere fotoni molto diversi tra loro e una caratteristica essenziale di un chip fotonico è che emetta fotoni uguali in modo che possano essere utilizzati per una comunicazione. Mantenere costante una temperatura del genere, naturalmente, porta via tante risorse ed energie.
Ed è qui che entra in gioco la tecnica sviluppata da ricercatori dell’università danese. Nello specifico i ricercatori hanno escogitato un nuovo metodo per conservare questi qubit di luce a temperatura ambiente in maniera stabile e prolungata nel tempo, un tempo più lungo di quanto sia stato mai fatto prima.

Eugene Simon Polzik, un professore di ottica quantistica dell’Istituto Niels Bohr, spiega il funzionamento: lui e il suo team hanno sviluppato, infatti, uno speciale rivestimento di paraffina per i chip di memoria che favorisce la stabilità dei bit quantici di luce a temperatura ambiente, senza che ci sia bisogno di enormi o costosi congelatori. Questo rivestimento ammorbidisce la collisione degli atomi e rende i fotoni emessi dagli stessi atomi stabili ed identici. Detti bit possono essere conservati per millisecondi, invece di microsecondi, una cosa mai fatta prima.
Come spiega Karsten Dideriksen, altro ricercatore impegnato nel progetto, il vantaggio in un metodo del genere sta nel fatto che non c’è bisogno di elio liquido o di complessi sistemi laser per raffreddare i chip, una cosa che favorirà l’avvento dell’Internet quantistica nel futuro.

Attualmente con questo sistema si riesce a produrre solo uno fotone al secondo mentre i sistemi raffreddati a -270° ne possono produrre milioni. Tuttavia è importante aver dimostrato il funzionamento di una tecnica del genere a temperatura ambiente: eventuali progressi in termini di velocità potranno giungere poi in futuro.

Note e approfondimenti

  1. Room-temperature single-photon source with near-millisecond built-in memory | Nature Communications (IA) (DOI: 10.1038/s41467-021-24033-8)

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