
Alcune zone del cervello che diventano iperattive, ossia attive in maniera anormale, potrebbero essere analizzate per prevedere con più precisione l’insorgenza del morbo di Alzheimer.[1] Lo rivela un nuovo studio apparso su Alzheimer’s & Dementia: Diagnosis, Assessment & Disease Monitoring[2] e realizzato da Sylvie Belleville, direttrice scientifica del centro di ricerca Institut universitaire de gériatrie de Montréal e professoressa al Dipartimento di Psicologia all’Université de Montréal. La Belleville ha collaborato con uno studente di dottorato, Nick Corriveau-Lecavalier.[1]
Ricercatori hanno analizzato diverse aree del cervello
I ricercatori hanno analizzato diverse aree del cervello di persone alle quali non era stato ancora diagnosticato l’Alzheimer ma che mostravano problemi alla memoria e che comunque mostrano dei fattori di rischio per questo tipo di malattia.
L’iperattivazione di alcune regioni suscettibili all’Alzheimer, che può essere individuata tramite risonanza magnetica funzionale, può essere osservata anche in soggetti che non mostrano ancora sintomi clinici e comunque prima dell’insorgenza di quei disturbi cognitivi tipici dell’Alzheimer stesso.[1]
Individuare l’Alzheimer anni prima
Secondo la Belleville, lo studio che ha realizzato suggerisce che l’analisi di queste aree può essere utile per individuare l’Alzheimer addirittura anni prima della diagnosi.
L’Alzheimer, come spiega la ricercatrice, è infatti una malattia progressiva. Puoi iniziare anche 20 o 30 anni prima che arrivi la diagnosi. Osservare i primissimi sintomi o individuare la malattia addirittura prima degli stessi sintomi, può essere dunque utilissimo per contrastarne gli effetti. E l’iperattivazione di determinate aree del cervello potrebbe essere proprio uno dei primissimi segni dell’Alzheimer.[1]
Attivazione neuronale che segue traiettoria ad U
Nello specifico, i ricercatori hanno scoperto che in alcune zone del cervello, all’inizio della malattia, c’è un’attivazione neuronale anormale che segue una sorta di traiettoria ad U. L’attivazione in alcune aree del cervello può infatti aumentare in maniera significativa per poi diminuire a seguito della perdita neuronale.
“Questa forma può caratterizzare il processo patologico sottostante e aiutare i medici a determinare lo stadio della malattia”, spiega Corriveau-Lecavalier, il primo autore dello studio. “Se combinato con altri indicatori come analisi del sangue e test cognitivi, questo tipo di indagine di neuroimaging potrebbe aiutare con un possibile rilevamento precoce”.[1] Naturalmente dovranno essere condotti altri studi per capire il valore dell’analisi di queste aree cerebrali che diventano iperattive in relazione alla predizione dell’insorgenza dell’Alzheimer.
Note
- Abnormal hyperactivation in the brain may be an early sign of Alzheimer’s | UdeMNouvelles
- A quadratic function of activation in individuals at risk of Alzheimer’s disease – Corriveau‐Lecavalier – 2020 – Alzheimer’s & Dementia: Diagnosis, Assessment & Disease Monitoring – Wiley Online Library (DOI: 10.1002/dad2.12139)