
Un nuovo studio tra il collegamento che sembra sussistere tra l’ipertensione e il rischio di sviluppare l’epilessia, in particolare quella ad esordio tardivo, è stato pubblicato sulla rivista Epilepsia, come spiega un breve comunicato emesso da Wiley.[1] I ricercatori affermano che i risultati raggiunti del loro studio, che ha preso in considerazione i dati di quasi 3000 persone statunitensi con età a partire da 45 anni, suggeriscono che il collegamento esiste e che l’ipertensione può essere considerato come un fattore di rischio vascolare nonché un predittore indipendente per l’epilessia durante l’età avanzata, come afferma Maria Stefanidou, ricercatrice della Scuola di Medicina della Boston University.[1]
I dati
I ricercatori hanno preso in esame i dati di 2986 di soggetti adulti provenienti dagli Stati Uniti con un’età media di 58 anni e che avevano almeno 45 anni all’inizio della raccolta dei dati (48% maschi). Le persone sono state eseguite in media per 19 anni e, durante il periodo in cui venivano seguite, si verificavano 55 casi nuovi di epilessia. I dati riguardavano anche diversi fattori di rischio vascolare per l’epilessia tra cui diabete mellito, ipertensione, fumo e iperlipidemia.[2]
Risultati
I dati mostravano ai ricercatori un rischio, quasi doppio, di sviluppare l’epilessia per i soggetti con ipertensione. I ricercatori spiegano che si tratta di risultati che mostrano che l’ipertensione stessa può essere considerata come un fattore di rischio, comunque potenzialmente modificabile, per l’epilessia ad esordio tardivo nella popolazione generale. Nello specifico i ricercatori affermano che l’ipertensione può aumentare da 2 a 2,5 volte il rischio di essere soggetti ad epilessia ad esordio tardivo.[2]
È uno studio associativo
Come spiega la stessa Stefanidou, è uno studio associativo, uno di quelli che associa una percentuale di rischio per una determinata patologia ad una determinata condizione. In pratica non si può affermare che l’ipertensione causi l’epilessia. Tuttavia lo studio è utile, come afferma la ricercatrice, per identificare quei particolari sottogruppi di individui che possono maggiormente avere un beneficio da trattamenti mirati dell’ipertensione.[1]