
Un team di ricercatori, analizzando il campo magnetico di un lontano lampo gamma, ha trovato la conferma di una teoria espressa decenni fa: le onde d’urto provocate dal campo magnetico di un lampo gamma tendono a mescolarsi e a schiantarsi contro il mezzo circostante.
I lampi gamma sono esplosioni molto intense di raggi gamma che, secondo gli astronomi, vengono provocate dalle esplosioni immani che segnano la “morte” delle stelle più grandi e massicce, quelle grandi almeno 40 volte il nostro sole.
Queste esplosioni creano fortissime onde d’urto espellendo il materiale della stella a velocità altissime, vicine a quella della luce. Oltre a creare l’onda d’urto creano anche un forti campi magnetici i quali possono essere espulsi insieme al materiale proprio nel momento in cui si forma il buco nero rotante centrale. Attraverso un complesso schema questi campi magnetici tendono ad attorcigliarsi in forme simili a quelle dei cavatappi.
I ricercatori guidati da Carole Mundell, astrofisica esperta di lampi gamma, hanno analizzato il lampo di raggi gamma 141220A scoprendo un livello di polarizzazione molto basso nella sua luce rilevata solo 90 secondi dopo l’esplosione.
Nello studio, pubblicato su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, i ricercatori descrivono di avere scoperto, tra le altre cose, che l’esplosione è stata alimentata anche dal collasso di campi magnetici formatisi nei primi momenti della formazione del nuovo buco nero: “Questo nuovo studio si basa sulla nostra ricerca che ha dimostrato che i GRB più potenti possono essere alimentati da campi magnetici ordinati su larga scala, ma solo i telescopi più veloci potranno intravedere il loro caratteristico segnale di polarizzazione prima che vadano persi. all’esplosione”, spiega Nuria Jordana-Mitjans, altra ricercatrice impegnata nello studio.
Note e approfondimenti
- Scrambled magnetic fields and Gamma-Ray Bursts: Space scientists solve a decades-long puzzle (IA)
- Coherence scale of magnetic fields generated in early-time forward shocks of GRBs | Monthly Notices of the Royal Astronomical Society | Oxford Academic (IA) (DOI: 10.1093/mnras/stab1003)
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