Non c’è nulla di speciale in questo lungo periodo di pace che le nazioni della Terra stanno attraversando, se non si considerano alcuni eventi dolorosi ma comunque circoscritti e non globali. A questa conclusione è giunto Aaron Clauset, scienziato informatico dell’Università del Colorado a Boulder che ha eseguito diversi analisi statistiche applicando metodi scientifici su un set di dati molto ampio, quello del Correlates of War Project.
Il database di questo set contiene vari dati, relativi perlopiù ai periodi e ai morti in battaglia, di 95 guerre tra Stati che sono occorse tra il 1823 e il 2003.
Il numero minimo di morti per una guerra è di 1000 mentre il numero massimo è di circa 16 milioni (quest’ultimo dato è relativo naturalmente alla seconda guerra mondiale). Usando tecniche di probabilità statistica, Clauset ha scoperto che il numero di vittime nella seconda guerra mondiale non rientra in un’anomalia statistica dato che questo bilancio, benché considerato dai più una carneficina inimmaginabile, si colloca in maniera statisticamente accettabile.
Inoltre lo stesso lo scienziato informatico ha scoperto che tutti questi decenni senza una grande guerra non si riferiscono a qualcosa di raro: la storia insegna che lunghi periodi di pace sono occorsi in varie epoche e che molto spesso sono terminati in maniera improvvisa e rapida con un grande conflitto. Per essere correlata a un dato significativo, questa pace dovrebbe durare ancora per molto, da 100 a 140 anni ancora, calcola lo scienziato.
È questo quello che sembrano dettare gli schemi storici delle guerre fra nazioni: una lunga pace come questa è sostanzialmente più fragile di quanto si possa credere nonostante nel contesto odierno siano ravvisabili diverse caratteristiche che sembrano ridurre la probabilità di una terza guerra mondiale (parliamo di agenti deterrenti quali una relativa diffusione globale della democrazia, la paura di un annichilamento nucleare reciproco e una dichiarata interdipendenza economica tra gli Stati).