
Il 70% della produzione di cacao odierna è rappresentata dalle coltivazioni di sei paesi dell’Africa occidentale. Ed è proprio in queste nazioni che si sta verificando una morìa inusuale delle stesse piante di cacao, devastate da una malattia non ancora studiata a fondo e di cui si conosce molto poco.
Questa malattia, che si sta diffondendo in maniera molto rapida, causa il declino e poi la morte delle piante di cacao nel giro di un anno a seguito dell’infezione iniziale. Secondo Judy Brown, virologa vegetale presso il College of Agriculture and Life Sciences dell’Università dell’Arizona, le conoscenze di questo nuovo virus sono pochissime per non parlare di quelle relative ad eventuali azioni di contrasto. In sostanza la scienziata lascia intendere che non si sa nemmeno da dove cominciare.
Dato che questa malattia sta colpendo sempre più alberi in paesi tendenzialmente poveri e con un’economia legata sostanzialmente solo all’agricoltura, l’impatto su decine di migliaia di famiglie, in termini sociali ma anche di salute e di sicurezza alimentare risulta “terribile”. Questo senza parlare delle eventuali conseguenze che potrebbero caratterizzare a breve i prezzi del cacao e quindi di tutti i prodotti a base di cioccolato presenti sugli scaffali anche dei nostri supermercati.
Quello che si sa del patogeno é che è un virus che infetta praticamente solo le piante di cacao e che viene trasmesso da piccoli insetti, le cocciniglie, che sono solite nutrirsi della linfa degli alberi e delle piante.
Il motivo della facilità della diffusione del virus è da ricercare anche il fatto che sostanzialmente la pianta di cacao è una delle meno “ingegnerizzate” nel campo altrigocolturale: si tratta essenzialmente di una pianta selvatica che ha sempre reso in maniera costante e che è sempre stata trascurata dai programmi di ricerca e di miglioramento, non solo genetico.
Ciò si riflette, dunque, anche sugli studi epidemiologicici che, proprio per quanto riguarda le piante di cacao, sono pochissimi.
Un suggerimento proposto dalla Brown è quello di effettuare un sequenziamento del genoma profondo per cominciare almeno ad avere un’idea del nemico che ci si trova di fronte.