
Resti ossei di canguri a faccia corta (genere Procoptodon), un canguro gigantesco vissuto durante il Pleistocene nell’area australiana, sono stati analizzati da un gruppo di ricercatori che sono giunti alla conclusione che si trattava di una versione marsupiale del panda gigante, almeno per quanto riguarda il particolare apparato masticatorio.
Con le sue mascelle adattate per sfruttare la vegetazione dura e legnosa, nonché di qualità abbastanza bassa, dell’entroterra australiano, i canguri a faccia corta avevano una corporatura più grossa e in generale erano più massicci rispetto ai canguri odierni tanto che potevano pesare più di 220 kg.
La caratteristica più pronunciata risiedeva però nella testa, schiacciata verso l’interno, simile a quella di un koala.
Il professor Rex Mitchell, ricercatore dell’Università del New England (UNE) dell’Australia e dell’Università dell’Arkansas, conferma anche che questo particolare cranio era così strutturato proprio per frantumare gli alimenti più duri, anche piccoli ramoscelli di legno e di bambù.
Si tratta di un adattamento ad un ambiente che offriva poco in termini di vegetazione per sopravvivere.
Questi animali, essendo molto grossi, avevano bisogno di molto cibo e di molta energia e quindi si sono dovuti adattare a mordere e a masticare anche la vegetazione dura.
Mitchell ha analizzato in particolare, creando dei modelli tridimensionali, la specie Simosthenurus occidentalis, non una delle più grandi all’interno del genere Procoptodon ma comunque abbastanza massiccia dato che poteva superare i 120 kilogrammi.
Si pensa sia sopravvissuto fino a 42.000 anni fa. Analizzando la sua struttura scheletrica e muscolare, il ricercatore è giunto alla conclusione che assomiglia molto al panda gigante.
In particolare il ricercatore ha trovato un muscolo del cranio notevolmente ingrandito che assomiglia molto a quello del panda gigante e che serve per masticare la vegetazione più spesse resistente, solitamente il bambù.