Malaria, ricercatori scoprono come parassita sfugge al sistema immunitario

Globulo rosso infettato dal parassita della malaria. In rosso e in verde due proteine del parassita che provocano la viscosità dei globuli rossi. (credito: Francis Crick Institute)

Un team di ricercatori ha scoperto che il Plasmodium falciparum, un parassita protozoo che procura agli esseri umani la forma più grave di malaria, utilizza un particolare metodo per difendersi dagli attacchi del sistema immunitario che vuole distruggerlo. I ricercatori, in uno studio pubblicato su Nature Microbiology, spiegano infatti che questo parassita utilizza particolari proteine per rendere “appiccicosi” i globuli rossi e per procurare potenziali coaguli di sangue fatali.

I ricercatori hanno in particolare scoperto come questo parassita mette in atto e coadiuva l’intero processo. Una volta che è entrato nel sangue umano, il Plasmodium falciparum rilasciate particolari proteine nei globuli rossi. Queste ultime tendono ad attaccarsi alle pareti esterne delle cellule sanguigne e alle pareti dei vasi sanguigni.
Ciò provoca una circolazione non più efficiente delle cellule infette e un attraversamento di queste della milza. In questo modo il parassita resta protetto mentre milza e cellule immunitarie al suo interno tentano di distruggere le cellule infette.

Inoltre lo stesso livello di viscosità causato da queste proteine procura la formazione di coaguli nel sangue e ciò blocca il flusso di lo stesso sangue negli organi vitali con conseguenze fatali in particolare se si formano nel cervello oppure nella placenta.
“Questa specie di parassita della malaria è in grado di utilizzare una serie di varianti diverse della stessa proteina per rendere i globuli rossi appiccicosi. Quindi, se il corpo sviluppa anticorpi che impediscono il funzionamento di una variante, il parassita può semplicemente passare a un’altra, portando a una corsa agli armamenti costante”, spiega Heledd Davies, uno degli autori dello studio e ricercatore del Signaling in Apicomplexan Parasites Laboratory del Francis Crick Institute.

Ora che è stata ottenuta questa informazione, si potrebbero realizzare terapie più efficaci per colpire questo meccanismo bloccando, ad esempio, le proteine sulla superficie cellulare. Queste proteine sono le chinasi, enzimi che sono alla base dell’attivazione oppure della disattivazione di molte altre proteine.
“Nella nostra ricerca, abbiamo testato ciò che è accaduto quando abbiamo rimosso diverse proteine chinasi dal parassita, mentre vive nel sangue umano. Una proteina ha svolto un ruolo importante nel controllo della viscosità cellulare, mentre altre potrebbero essere necessarie per aspetti ancora sconosciuti della biologia del parassita. Questo è molto eccitante e aiuterà a comprendere meglio il meccanismo della malattia”, spiega Moritz Treeck, capo del team del Signaling.

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