Malattia del fegato grasso, creato nuovo farmaco che la previene nei topi

I ricercatori hanno sottoposto i topi ad una dieta ricca di grassi e poi li hanno trattati con il nuovo farmaco (credito: Doi: 10.1038/s41418-020-0491-6 | Cell Death & Differentiation)

Uno nuovo farmaco, sperimentato per ora solo sui topi, può prevenire i danni al fegato derivanti da una dieta ricca di grassi e può contrastare anche l’obesità e l’intolleranza al glucosio.
È il risultato raggiunto da un team di ricercatori Del Georgetown Lombardi Comprehensive Cancer Center (Georgetown University di Washington) che ha pubblicato il proprio lavoro sulla rivista scientifica Cell Death and Differiation.

Lo studio è stato realizzato soprattutto per verificare eventuali terapie per contrastare la cosiddetta malattia del fegato grasso non alcolica (NAFLD) che colpisce ogni anno milioni di persone nel mondo.
Se durante le prime fasi della malattia quest’ultima può essere arrestata tramite perdite di peso e diete apposite, la stessa malattia diventa poi non più trattabile nelle fasi seguenti tanto che ad oggi non esiste una terapia standard.

I ricercatori hanno creato un nuovo farmaco basato su una piccola molecola che può interrompere l’azione di un’importante gene, denominato Slc25a1, che, secondo gli stessi ricercatori , ha un ruolo importante nello sviluppo di questa malattia di fegato.
I ricercatori hanno poi testato nuovo farmaco, denominato CTPI-2, su diversi topi precedentemente alimentati con una dieta ricca di grassi.

I ricercatori notavano che il CTPI-2 preveniva quasi completamente l’evoluzione della NAFLD e la progressione dell’obesità nei topi che avevano ricevuto il farmaco rispetto ai topi di controllo.
Nelle fasi avanzate, lo stesso farmaco riusciva anche a divertire il danno epatico inducendo una perdita di peso e ristabilendo il livello metabolico del glucosio.

“I risultati sono stati abbastanza marcati in quanto i fegati della maggior parte dei topi che hanno ricevuto CTPI-2 assomigliavano quasi ai fegati normali di animali alimentati con una dieta regolare”, riferisce Maria Laura Avantaggiati, una delle ricercatrici impegnate nello studio. “Inoltre, il CTPI-2 ha normalizzato il metabolismo del glucosio portandoci a ipotizzare che il farmaco potrebbe anche avere applicazioni nel trattamento del diabete, ma questo aspetto richiederà ulteriori studi.”

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