
La malattia di Crohn, un disturbo infiammatorio dell’intestino, colpisce milioni di persone in tutto il mondo. Una nuova, interessante scoperta è stata fatta da uno scienziato dello Scripps Research Institute, Mark Sundrud. Lo scienziato, che ha descritto la propria scoperta in uno studio apparso il 7 aprile su Nature,[1], ha anche ottenuto interessanti risposte da esperimenti fatti sui topi.
La malattia di Crohn molto spesso riguarda l’intestino tenue. Qui esiste, come ha scoperto lo scienziato insieme al suo team, un sistema fatto da cellule immunitarie, denominate cellule T effettrici, che possono innescare un meccanismo di rilevamento molecolare onde creare una barriera protettiva contro concentrazioni troppo alte di acidi biliari dell’intestino tenue, una cosa che potrebbe avere effetti tossici.
Gli acidi biliari, infatti, prodotti dal fegato come aiuto nel corso della digestione e dell’assorbimento dei grassi nonché delle vitamine liposolubili, vanno poi a finire nell’ileo, una regione dello stesso intestino tenue, per poi tornare al fegato attraverso il flusso sanguigno.
Gli acidi biliari possono causare infiammazione alle cellule e ora gli scienziati hanno scoperto come le cellule immunitarie dell’intestino tenue riescono a tollerare la loro presenza.
Gli scienziati hanno scoperto che questo determinato meccanismo può essere inoltre manipolato con delle piccole molecole che fungerebbero da “farmaci”. Negli esperimenti effettuati sui roditori, infatti, queste piccole molecole andavano a ridurre l’infiammazione proprio nell’intestino tenue. Secondo quanto spiega lo stesso Sundrud, le cellule T effettrici, per proteggersi degli acidi biliari, fanno uso di una compressa rete di geni, un sistema che, nei pazienti affetti da malattia di Crohn, potrebbe non funzionare in maniera corretta.
“La scoperta fondamentale che le cellule T dedicano così tanto del loro tempo ed energia alla prevenzione dello stress e dell’infiammazione causati dagli acidi biliari evidenzia concetti completamente nuovi nel modo in cui pensiamo e trattiamo la malattia di Crohn”, spiega ancora Sundrud. “È come se stessimo scavando nel punto sbagliato per trovare un tesoro, e questo lavoro ci fornisce una nuova mappa che mostra dove X segna il punto.”[1]