
I mammut lanosi sono scomparsi all’incirca 4000 anni fa e il motivo della loro scomparsa è ancora oggi oggetto di discussione tra gli scienziati. Secondo alcuni di essi sarebbe stata la caccia su larga scala operata dagli esseri umani a contribuire fortemente all’estinzione di questi animali. Tuttavia un nuovo studio, condotto da un team guidato dal professore Eske Willerslev del St John’s College dell’Università di Cambridge, suggerisce che gli esseri umani centrino poco o nulla e che fu il cambiamento climatico in corso proprio in quell’epoca ad essere la causa dell’estinzione.
Tecniche di analisi del DNA ambientale
Che i mammut lanosi siano stati per diverse migliaia di anni un importante ingrediente della dieta degli esseri umani fino a 4000 anni fa è una cosa accertata ma dimostrare che siano stati gli esseri umani la causa principale della loro estinzione è un altro paio di maniche. In questo caso i ricercatori hanno utilizzato tecniche di sequenziamento del DNA ambientale analizzando vari resti di piante e animali, come urina, feci e cellule della pelle, da campioni prelevati dal suolo. I siti presi in esame sono stati accuratamente scelti nell’area dell’Artico.
I ricercatori hanno fatto ricorso ad una nuova tecnologia con la quale si può raccogliere un quantitativo di materiale genetico sufficiente anche facendo ricorso a campioni ambientali e non a campioni diretti, ad esempio campioni di DNA delle ossa o dei denti dei mammut lanosi.
Velocità del cambiamento climatico decretò la fine dei mammut lanosi
I ricercatori sono giunti alla conclusione che fu il cambiamento climatico la causa principale, anzi la velocità dello stesso cambiamento climatico che rappresentò “l’ultimo chiodo della bara”, come spiega Willerslev.
In pratica i mammut lanosi non furono in grado in alcun modo di adattarsi al cambiamento climatico in corso, sostanzialmente ad un riscaldamento globale che trasformò il loro ambiente in maniera drammatica e abbassò le scorte di cibo per loro disponibili.
Il cambiamento dell’habitat
Le piante e gli alberi tipici delle zone umide presero il sopravvento e sostituirono i classici habitat delle praterie per i quali i mammut lanosi si erano adattati per milioni di anni assumendo dimensioni enormi (potevano essere alti quanto un autobus a due piani) a causa del fatto che dovevano avere stomaci altrettanto enormi per stipare tutta la vegetazione che ingerivano.
Sono vissuti in queste condizioni per 5 milioni di anni ma quando il riscaldamento globale cominciò a farsi sentire, e lo fece molto velocemente, praticamente per loro non ci fu speranza. Le precipitazioni aumentarono e la biomassa si ridusse drammaticamente in quanto molta della superficie fu occupata da laghi e corsi d’acqua. Per i loro enormi bisogni, non ci fu abbastanza vegetazione.
“Gli esseri umani non hanno avuto alcun impatto su di loro in base ai nostri modelli”, spiega Yucheng Wang, ricercatore del Dipartimento di zoologia e primo autore dello studio.
Qualcuno sopravvisse anche in altri posti e più a lungo di quanto pensato in precedenza
Inoltre i ricercatori hanno scoperto che nel corso della fine dell’ultima era glaciale piccole sacche di mammut lanosi sono sopravvissuti, prima della totale estinzione, non solo su alcune piccole isole della Siberia e dell’Alaska (sull’isola di Wrangel e sull’isola di St Paul), cosa accertata da diversi studi, ma anche in diversi altri posti. Inoltre hanno scoperto che i mammut di queste due isole erano strettamente imparentati nonostante fossero rimasti separati a livello geografico per molto tempo prima della definitiva estinzione.
I ricercatori sono infine giunti alla conclusione che diversi mammut lanosi sono sopravvissuti per un po’ anche dopo la fine della era glaciale in diverse aree dell’Artico. Probabilmente alcuni di loro erano ancora presenti nel periodo in cui venivano costruite le prime piramidi.
Note e approfondimenti
- Late Quaternary dynamics of Arctic biota from ancient environmental genomics | Nature (IA) (DOI: 10.1038/s41586-021-04016-x)