C’è vita che respira arsenico nelle zone a basso tenore di ossigeno dell’oceano secondo un gruppo di ricerca dell’Università di Washington. L’arsenico è considerato, almeno per gli esseri umani così come per la maggior parte degli esseri viventi, un veleno mortale.
Tuttavia questa ricerca aiuta a rimodellare il modo in cui vediamo questo elemento, come sottolinea Jaclyn Saunders, ricercatrice presso presso l’Istituto oceanografico Woods Hole e il Massachusetts Institute of Technology e prima autrice dello studio.
Lo studio, apparso su Proceedings of the National Academy of Sciences, si è concentrato sull’analisi di vari campioni di acqua di mare prelevati nei pressi di alcune regioni marine nel Pacifico tropicale, al largo delle coste del Messico, regioni in cui il livello dell’ossigeno è molto basso rispetto alla media (oxygen minimum zone, OMZ).
Così bassa che i microbi debbono utilizzare altri elementi per estrarre l’energia dal cibo, come specifica l’altra autrice della ricerca, Gabrielle Rocap, una professoressa di oceanografia della UW.
Di solito, per quanto riguarda altri microbi, le alternative sono rappresentate dall’azoto e dallo zolfo ma il sospetto che l’arsenico potesse funzionare anche per quanto riguarda i microrganismi nel mare era molto forte e ha spinto le due ricercatrici ad eseguire questo tipo di studio.
Eseguendo analisi genetiche sul DNA dei microrganismi trovati nei campioni di acqua, i ricercatori si sono infatti accorti della presenza di due percorsi genetici noti che convertono le molecole a base di arsenico, modalità che doveva servire ai microbi per ottener energia necessaria alla sopravvivenza.
I risultati suggeriscono dunque abbastanza chiaramente che nei mari esistono diversi microbi, che rappresentano comunque meno dell’1% della popolazione totale di microbi, che “respirano” l’arsenico. Questi microbi sono molto probabilmente imparentati alla lontana con i microbi che utilizzano lo stesso metodo per “respirare” l’arsenico e che vivono nelle sorgenti calde o nei siti contaminati sulla terraferma. A differenza di questi ultimi, però, i microbi nei mari utilizzano l’arsenico in un habitat che comunque è caratterizzato da un basso contenuto di questo elemento e ciò apre nuovi confini riguardo a quanto la vita possa adattarsi in ambienti diversi.