
I tardigradi, piccoli animali con otto zampe facenti parte di un proprio phylum di invertebrati, di cui si conoscono circa un migliaio di specie ad oggi, potrebbero essere usati come “astronauti” e mandati su lontane stelle, a velocità relativistiche, per comprendere gli effetti di un viaggio spaziale così lungo su un corpo vivente.
È l’idea, solo apparentemente folle, esposta in un nuovo studio apparso su Acta Astronautica.
Nel relativo comunicato pubblicato dal sito dell’Università della California a Santa Barbara, innanzitutto viene spiegato il lato tecnico di una eventuale missione del genere. Si dovrebbe costruire una piccola astronave che non conterrebbe un vero sistema di propulsione proprio. Grande pochi centimetri, questa piccola “astronave” verrebbe sparata a velocità relativistiche, una volta lanciata nello spazio, grazie al sistema di propulsione primario che resterebbe a terra. Quest’ultimo si baserebbe sostanzialmente su un laser che verrebbe proiettato solo per brevi periodi di tempo e verrebbe puntato in maniera precisa sulla piccola astronave per spingerla.
L’astronave potrebbe essere fatta di un wafer semiconduttore che conterrebbe tutti i chip necessari per raccogliere le informazioni relative al tardigrado e per la comunicazione con la Terra. Questa piastra sarebbe protetta in parte dalle radiazioni e dai “bombardamenti” della polvere cosmica tramite un apposito materiale.
In ogni caso la stessa tecnologia potrebbe essere in futuro usata anche per “spingere” veicoli spaziali più grandi, di quelli che debbano raggiungere solo punti collocati all’interno del nostro sistema solare.
Velocità relativistiche
Tornando al progetto descritto nel nuovo studio, i ricercatori sperano che questo sistema di propulsione con laser proiettato dalla Terra potrebbe far raggiungere la piccola astronave velocità relativistiche, anche di 100 milioni di miglia orarie o del 20-30% della velocità della luce. Con spinte del genere, il piccolo veicolo potrebbe raggiungere la stella più vicina, Proxima Centauri, in una ventina di anni.
Non si tratta di un concetto nuovo solo che negli ultimi anni i miglioramenti tecnologici nella costruzione di wafer elettronici per l’utilizzo nello spazio e nella fotonica sono stati tantissimi tanto che si è giunti al punto che è possibile spingere con un laser anche oggetti del peso di un grammo, come spiega Joel Rothman, professore della UC Santa Barbara che ha realizzato lo studio insieme al collega Philip Lubin.
Caenorhabditis elegans
Ciò vuol dire che si è arrivati anche alla possibilità di collocare, in questo dispositivo-astronave, anche piccoli animali vivi. Inizialmente ricercatori hanno pensato al Caenorhabditis elegans, un microscopico nematode molto studiato in campo scientifico e quindi molto conosciuto. Inoltre questi piccoli vermiciattoli sono già “astronauti” esperti dato che sono stati oggetto di diversi esperimenti sulla stazione spaziale internazionale.
Tardigradi
Tuttavia i ricercatori che hanno realizzato il nuovo studio hanno posto fin da subito il proprio interesse sui tardigradi, animali conosciuti per la loro incredibile resistenza e per il loro adattamento ma anche per un’altra caratteristica molto interessante in termini di viaggi spaziali: la possibilità di entrare in uno stato di “animazione sospesa”. I tardigradi, infatti, possono sostanzialmente fermare tutte le proprie funzioni metaboliche e quindi sopravvivere per anni per poi “riprendersi “.
In questo stato potrebbero compiere il proprio viaggio fino a raggiungere la destinazione.
“Risveglio” e monitoraggio
Una volta raggiunto, potrebbero essere “svegliati” nelle loro piccolo “StarChip” e quindi monitorati per capire quali sono stati gli effetti di un viaggio interstellare sulla loro biologia. Queste informazioni potrebbero essere trasmesse sulla Terra tramite comunicazione fotonica e potrebbero essere usate anche per comprendere gli effetti sugli esseri umani in un viaggio simile.
“Potremmo iniziare a pensare al design dei trasportatori interstellari, qualunque essi siano, in un modo che potrebbe migliorare i problemi rilevati in questi piccoli animali”, spiega lo stesso Rothman.
Note
- Interstellar space biology via Project Starlight – ScienceDirect (DOI: 10.1016/j.actaastro.2021.10.009)
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