
Un particolare effetto che caratterizza il neurone umano è stato descritto in dettaglio da un team di ricercatori dell’Università della California a San Francisco che hanno pubblicato il proprio studio su Nature Neuroscience.[2]
Questo fenomeno vede un gene attivarsi o disattivarsi in una cellula in modo che la sua presenza oppure la sua assenza possano determinare una funzione, una malattia o anche la sopravvivenza della cellula stessa.[1]
I ricercatori hanno usato una particolare tecnica creando un’immagine della funzione genica tramite l’intero spettro delle cellule umane. Martin Kampmann, un professore associato dell’Institute for Neurodegenerative Diseases e Weill Institute for Neurosciences della suddetta università, parla di questa tecnica come di un “passo successivo fondamentale per scoprire i meccanismi alla base dei geni di una malattia”.[1]
Secondo il ricercatore questo studio e in generale il lavoro che lui e il suo team stanno svolgendo potrebbero offrire importanti informazioni sulle modalità con le quali i geni possono causare una determinata malattia, informazioni che naturalmente possono essere usate per mettere in atto trattamenti più efficaci.[1]
I ricercatori si sono interessati in particolare alla neurodegenerazione e a quelle malattie neurodegenerative come l’Alzheimer e altre forme collegate di demenza. La particolare tecnica usata dai ricercatori sui neuroni umani è denominata attivazione/interferenza CRISPR, o CRISPR a/i (CRISPR activation/interference). Con questa tecnica hanno scoperto le modalità di attivazione disattivazione di un gene della proteina denominata prosaposina. Si tratta di una proteina che ha un ruolo nel riciclaggio dei prodotti di scarto nelle cellule. La disattivazione del gene collegato provoca un aumento dei livelli di stress ossidativo.[1]
“A prima vista, la prosaposina non dovrebbe avere nulla a che fare con le molecole ossidative. Ha attirato la nostra attenzione perché questo gene era stato recentemente collegato al morbo di Parkinson”, ha detto Kampmann. Secondo ricercatori con questi risultati è stato ottenuto un modello basato proprio sulle cellule per capire cosa c’è dietro questo collegamento che sembra abbastanza importante. [1]
I ricercatori hanno scoperto che la mancanza di prosaposina sembra essere collegata alla neurodegenerazione in quanto sopprimendo il relativo gene si aveva un accumulo di una sostanza denominata pigmento dell’età. Questa sostanza, come hanno scoperto i ricercatori, intrappola il ferro e provoca la produzione di molecole di ossigeno reattive le quali a loro volta danno il via alla ferroptosi, un processo che causa la morte cellulare.
“Inattivando semplicemente un singolo gene”, spiega ancora Kampmann, “in pochi giorni potremmo generare un segno distintivo dell’invecchiamento che normalmente richiederebbe decenni per svilupparsi nel corpo umano”.[1]