I monitor cardiaci impiantabili (implantable cardiac monitor, ICM) possono rivelarsi molto utili per capire in tempo le aritmie gravi nei pazienti post-infartuati con una disfunzione cardiaca autonomica e una frazione di eiezione moderatamente ridotta. È il risultato di un nuovo studio presentato al Congresso ESC 2021.
Secondo quanto spiega il comunicato, le persone con una frazione di eiezione ventricolare sinistra molto ridotta a seguito di un infarto del miocardio possono usare l’impianto profilattico di un cardioverter defibrillatore. Gran parte dei casi fatali e non fatali a seguito dell’infarto del miocardio, però, accade nelle persone con una frazione di eiezione ventricolare sinistra superiore al 35% e per questi soggetti non ci sono ancora delle misure preventive standardizzate.
Alcuni studi avevano suggerito che su questi pazienti le complicanze a livello cardiovascolare possono essere precedute da aritmie. Gran parte di queste aritmie, però, non mostrano sintomi oppure sono subcliniche. Ciò vuol dire che non possono essere intercettate con i metodi convenzionali.
I ricercatori hanno eseguito lo studio su diverse persone sopravvissuti all’infarto miocardico con frazione di eiezione ventricolare sinistra tra 36-50% e una disfunzione cardiaca autonomica. Gli oltre 400 pazienti venivano divisi in due gruppi: uno veniva seguito in maniera convenzionale, l’altro usava un monitor cardiaco impiantabile innestato sotto la pelle tramite procedura minimamente invasiva. Per questi soggetti i ricercatori potevano contare su un rapporto dati giornaliero.
“Lo studio ha rilevato che i pazienti post-infartuati con disfunzione cardiaca autonomica e LVEF solo moderatamente ridotta hanno sviluppato un numero elevato di eventi aritmici subclinici gravi che potrebbero essere rilevati precocemente ed efficacemente con gli ICM. Lo spettro e la frequenza delle aritmie in questi pazienti erano paragonabili a quella dei pazienti post-infartuati con LVEF (frazione di eiezione ventricolare sinistra) ridotta, che sono attualmente candidati alla terapia profilattica con ICD (defibrillatore cardioverter impiantabile)”, spiegano i ricercatori.[1]