Moscerino africano essicca il corpo per sopravvivere a siccità

Polypedilum vanderplanki (credito immagine: Entomart)

Esiste un insetto africano in grado di prosciugare quasi del tutto le parti liquide all’interno del proprio corpo fino a cessare i processi fisiologici biochimici per resistere alla siccità e all’aridità nell’ambiente in cui vive. Il Polypedilum vanderplanki è un genere di moscerino che vive in particolare nelle regioni aride dell’Africa, ancora più in particolare nella Nigeria settentrionale e nell’Uganda.
Questo insetto produce larve all’interno di piccoli nidi tubolari nel fango sul fondo delle pozze fangose che si formano temporaneamente sul suolo delle foreste.

È proprio in questa fase che il corpo della larva attiva un processo di essiccatura del proprio corpo fino a ridurre la quantità di acqua ad un livello del 3%. In questo stato disidratato, le larve diventano pressoché impermeabili alle condizioni esterne e possono, tra l’altro, sopravvivere a temperature molto alte nonché ad un’esposizione di radiazioni altissima.
In sostanza, questi setti entrano in uno stato di anidrobiosi, una condizione in cui il corpo si disidrata fino quasi a fare scomparire l’acqua e i liquidi. L’acqua stessa viene sostituita da trealosio disaccaride e questa condizione può durare anche per anni.

Un nuovo studio, portato avanti da un team russo-giapponese e apparso su Proceedings of the National Academy of Sciences, ha inteso comprendere meglio le modalità attuate dalle larve di questo strano moscerino. Gli scienziati hanno quindi scoperto che è una particolare proteina la responsabile di questo processo per la sopravvivenza. Tra l’altro questa proteina è presente anche nell’uomo in cui è solita innescare una risposta protettiva allo stress. Nel Polypedilum vanderplanki, tuttavia, questa proteina attiva i geni che fanno sì che le larve entrino nello stato di anidrobiosi. La stessa proteina attiva poi il processo inverso per uscire da questo stato.

Fonti e approfondimenti

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