Nonostante possa sembrare strano al 2020 inoltrato il nastro magnetico resta ancora uno dei supporti preferiti per la memorizzazione di dati digitali da molte aziende. Comune fin dai primi anni 80, il nastro magnetico diventa essenziale in quei casi in cui bisogna stipare quantità enormi di dati e in quei casi in cui è possibile fare qualche piccolo sacrificio per quanto riguarda il tempo di accesso.
I nastri digitali vantano infatti una densità di archiviazione molto elevata, cosa perfetta per archivi e backup in quest’era di “big data”.
Nuovo materiale per memorizzare dati nei nastri magnetici
Un team di ricercatori del Dipartimento di Chimica dell’Università di Tokyo, guidato dal professor Shin-ichi Ohkoshi, ha sviluppato un nuovo materiale magnetico che può offrire una densità di stoccaggio ancora più grande, una densità mai raggiunta prima praticamente da qualsiasi altro supporto commerciale. Questo nuovo materiale, secondo i ricercatori, offre una durata più lunga e il processo per far funzionare i nastri consuma di meno. In generale il sistema per gestire i nastri prodotti con questo nuovo materiale dovrebbero risultare più economici da gestire.
Ossido di ferro epsilon
Denominato “ossido di ferro epsilon”, il nuovo materiale risulta molto adatto per l’archiviazione digitale a lungo termine, come spiega lo stesso Ohkoshi: “Quando i dati vengono scritti su di esso, gli stati magnetici che rappresentano i bit diventano resistenti ai campi magnetici vaganti esterni che potrebbero altrimenti interferire con i dati. Diciamo che ha una forte anisotropia magnetica. Naturalmente, questa caratteristica significa anche che è più difficile scrivere i dati in primo luogo; tuttavia, abbiamo anche un nuovo approccio a quella parte del processo”.
Direzione magnetica dell’ossido di ferro epsilon per registrare dati
La registrazione dei dati si esegue tramite un processo che si sviluppa su onde millimetriche ad alta frequenza nella regione dei 30-300 gigahertz. L’ossido di ferro epsilon assorbe queste onde quando è applicato un campo magnetico esterno. La sua direzione magnetica può rappresentare l’uno o lo zero binari e può cambiare in presenza delle onde che ne capovolgono i poli magnetici. I dati vengono memorizzati nell’astro fino a quando non vengono poi sovrascritti.
Trilemma della registrazione magnetica
Come spiega Marie Yoshikiyo, una delle ricercatrici impegnate nel progetto, con questo nuovo metodo gli stessi ricercatori sperano di superare ilcosiddetto “trilemma della registrazione magnetica”. In base a questo trilemma, ci vogliono particelle magnetiche sempre più piccole all’aumento della densità di archiviazione ma le particelle più piccole sono caratterizzate da un’instabilità più grande e quindi il rischio maggiore di perdere i dati: “Quindi abbiamo dovuto utilizzare materiali magnetici più stabili e produrre un modo completamente nuovo di scrivere su di essi. Quello che mi ha sorpreso è che questo processo potrebbe anche essere efficiente dal punto di vista energetico”.