Un passo avanti verso la piena comprensione delle modalità con le quali le cellule T del sistema immunitario si liberano delle cellule senescenti, ossia le cellule “morte” all’interno del corpo, è stato fatto da un team di ricercatori dell’Università della California a San Francisco che hanno pubblicato un nuovo studio sulla rivista Med.[2]
I ricercatori si sono concentrati in particolare sulle cellule T Natural Killer (iNKT), un gruppo di cellule che condividono le proprietà delle cellule T (linfociti T) e delle cellule Natural Killer (cellule NK o linfociti NK). Le cellule iNKT fanno da “sistema di sorveglianza”: intercettano le cellule estranee e quelle senescenti, che possono provocare danni al DNA, e le eliminano dal corpo.
Purtroppo con l’avanzare dell’età, o quando sussistono determinate patologie tra cui l’obesità, le cellule iNKT diventano sempre meno efficienti e quindi gli scienziati stanno cercando un metodo per “riattivarle” anche perché queste cellule, quando funzionano appieno, rappresentano un’alternativa valida alle terapie senolitiche, ossia tutte quelle terapie per la rimozione delle cellule senescenti che si mettono in atto quando il corpo non riesce ad essere efficiente in tal senso.[1].
Le due caratteristiche più interessanti delle cellule iNKT, in tal senso, sono due. La prima risiede nel fatto che possiedono tutte lo stesso recettore e questo significa che possono essere innescate senza attivare altre tipologie di cellule immunitarie. E poi operano tramite un ciclo che, quando finisce, le riporta ad uno stato dormiente dopo aver concluso l’attività.
Queste due caratteristiche possono essere sfruttate per creare una terapia mirata alle iNKT, come lascia intendere Anil Bhushan, professore di medicina dell’università californiana nonché autore senior dello studio.
Per raggiungere questo scopo i ricercatori propongono l’utilizzo di antigeni lipidici per riattivare le cellule iNKT. Questo metodo è già stato testato sui topi obesi e come risultato si è ottenuto un miglioramento nei livelli di glucosio nel sangue. Sono stati fatti esperimenti anche con topi con fibrosi polmonare e, dopo questo trattamento, anch’essi mostravano miglioramenti nel numero di cellule danneggiate e nella durata della vita.
Quest’ultimo risultato in particolare, secondo Mallar Bhattacharya, professore associato di medicina presso la suddetta università ed esperto di malattie polmonari, altro autore dell’articolo, fa ben sperare anche per quei casi fibrosi polmonare gravi in cui c’è bisogno di trapianto di polmone: “Penso che questa sia una potenziale terapia immunitaria per la senescenza e la fibrosi”.
Note e approfondimenti
- Scientists Find Mechanism that Eliminates Senescent Cells | UC San Francisco (IA)
- Invariant natural killer T cells coordinate removal of senescent cells: Med (IA) (DOI: 10.1016/j.medj.2021.04.014)