Nuovo coronavirus può colonizzare tubature delle acque? Ricercatori chiedono monitoraggio migliore

Il nuovo coronavirus può rimanere infettivo, per diverse ore o, secondo diversi scienziati, anche per giorni, al di fuori del corpo umano, su diverse superfici e in diverse condizioni, anche nell’acqua. Proprio per questo due ricercatori, Haizhou Liu, professore associato di ingegneria chimica all’Università della California a Riverside, e Vincenzo Naddeo, ricercatore dell’Università di Salerno, hanno voluto capire se i metodi che attualmente si utilizzano per il trattamento delle acque possono realmente uccidere anche il SARS-CoV-2, il virus responsabile della pandemia di COVID-19 e in generale tutti i coronavirus.

Il nuovo coronavirus, come riferisce il comunicato apparso sul sito della stessa università californiana, potrebbe colonizzare anche i sistemi del trattamento di acqua potabile. Fortunatamente si pensa anche che i trattamenti che oggi si eseguono sulle acque affinché possano risultare sicure da bere e in generale da utilizzare nelle case uccidano o comunque rimuovono efficacemente i coronavirus e ciò avviene anche nelle acque reflue.

Tuttavia i due ricercatori sottolineano che la maggior parte di questi metodi non è stata studiata per quanto riguarda un’efficacia specifica sul SARS-CoV-2 e che quindi ci vogliono ulteriori ricerche specifiche per questo virus.
Inoltre i due ricercatori suggeriscono di migliorare le infrastrutture che già esistono dei trattamenti delle acque reflue, soprattutto nei punti maggior diffusione dell’epidemia.

Secondo i ricercatori, infatti, i virus possono colonizzare le biopellicole, escrescenze batteriche sottili e viscose, che spesso possono rivestire le tubature dei vecchi sistemi dell’acqua potabile. Proprio per questo potrebbe essere necessario valutare e monitorare molto più attentamente la formazione di queste biopellicole nelle tubature per prevenire una maggiore diffusione dell’epidemia. Il rischio è maggiore, fanno intendere di ricercatori, soprattutto nei paesi in via di sviluppo e in quelle regioni povere e rurali che non possono vantare infrastrutture di base efficaci per rimuovere i contaminanti dalle acque.

“Ora è chiaro a tutti che la globalizzazione introduce anche nuovi rischi per la salute. Laddove i sistemi idrici e igienico-sanitari non sono adeguati, il rischio di trovare nuovi virus è molto elevato”, spiega Naddeo. “In uno scenario responsabile e ideale, i governi dei paesi sviluppati devono sostenere e finanziare i sistemi idrici e igienico-sanitari nei paesi in via di sviluppo, al fine di proteggere anche i cittadini dei loro paesi”.

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