Un disco ottico fatto con nanomateriali d’oro che garantisce una durata per quanto riguarda la conservazione dei dati fino a 600 anni è stato sviluppato da un gruppo di ricercatori della RMIT University di Melbourne, in Australia, e dell’Istituto di Tecnologia Wuhan, in Cina.
Il problema relativo alla conservazione di grosse quantità di dati è assillante per gli informatici e per tutto il personale che lavora nei data center ma anche per le aziende che affrontano costi sempre più grandi in relazione a quantità di dati da conservare anch’esse sempre più enormi.
Questa nuova tecnologia potrebbe offrire, secondo gli stessi creatori, una soluzione più economica e più sostenibile per l’archiviazione dei dati, soprattutto nel contesto dei Big data.
Gli scienziati hanno utilizzato nanomateriali d’oro come base per la costruzione di un nuovo disco ottico con capacità fino a 10 TB che garantisce una durata di sei secoli per quanto riguarda i dati.
Altro punto a favore di questa tecnologia è il fatto che migliora l’efficienza energetica nei data center in quanto va ad utilizzare una potenza 1000 volte inferiore rispetto a quella di un classico disco rigido, in particolare nella fase di raffreddamento.
Come sottolinea Min Gu della RMIT, uno degli autori della ricerca, i dati che stiamo generando in questa era dei big data sono davvero tantissimi: si parla di oltre 2,5 quintilioni di byte al giorno che devono comunque essere archiviati da qualche parte affinché possano essere usufruiti dai visitatori di un sito Internet, per esempio, o dagli utilizzatori di un’app o da chiunque si colleghi anche solo alla rete.
I dischi ottici rappresentano una buona soluzione se paragonati ai dischi rigidi, tuttavia soffrono di una durata che può essere considerata scarsa: quelli più avanzati e i migliori della categoria non vanno oltre i 50 anni di durata, in media.
Secondo gli scienziati, e secondo i test che hanno affrontato dopo aver messo a punto questo nuovo disco ottico, questo nuovo modello può durare oltre mezzo millennio, qualcosa che potrebbe favorire anche il concetto dei cosiddetti “Long Data”, ossia dati digitali che possono essere conservati per moltissimi anni in piena sicurezza senza che ci sia bisogno di migrarli da un supporto all’altro periodicamente.