Nuovo farmaco che contrasta “tempesta” di citochine in COVID-19 scoperto da scienziati

I pazienti che non soffrono di precedenti patologie pro-infiammatorie Sembrano sviluppare una risposta immunitaria controllata con le citochine alla COVID-19, diversamente dai pazienti che hanno precedenti condizioni correlate a patologie pro-infiammatorie (credito: Cytokine Growth Factor, DOI: 10.1016/j.cytogfr.2020.06.011)

Un nuovo farmaco che potrebbe contrastare le conseguenze sul corpo umano dell’infezione dal coronavirus SARS-CoV-2 è stato sviluppato da un team di ricercatori del Dipartimento di Biologia Cellulare dell’Università di Malaga (UMA) e del Centro Andaluso di Nanomedicina e Biotecnologia (BIONAND).
Il nuovo farmaco, l’acido 4-fenilbutirico (4-PBA), può modulare la risposta infiammatoria prodotta dallo stesso corpo quando questo viene infetto da COVID-19. Il progetto è stato finanziato dal Governo dell’Andalusia con possibilità di rinnovo triennale nel caso i risultati continua ad essere favorevoli nel corso delle sperimentazioni. Intanto i primi risultati sono stati già pubblicati su Cytokine and Growth Factors Review.

Quando il corpo umano infetto dal virus della COVID-19 innesca un processo infiammatorio che vede un rilascio più o meno incontrollato ma comunque eccessivo di citochine. Queste ultime sono delle molecole che dovrebbero difendere lo stesso corpo ma quando vengono rilasciate in quantità troppo grandi si possono avere risultati imprevisti come una iperpermeabilità vascolare e un’insufficienza multiorgano.
Proprio per questo si parla di “tempesta” di citochine, perché provocano una infiammazione controllata, come spiega Iván Durán, un ricercatore dell’UMA che sta guidando il team di studio insieme a Fabiana Csukasi.

Secondo i ricercatori il farmaco 4-PB, che è già stato approvato a livello clinico per altre patologie, si potrebbe modulare questo stress cellulare: “I nostri risultati preliminari condotti su modelli animali hanno dimostrato che 4-PBA frena completamente la mortalità causata da insufficienza respiratoria derivata da stress cellulare”, spiega ancora Durán.
Inoltre questo farmaco potrebbe essere provato più efficientemente su quei pazienti che già soffrono di condizioni collegate a malattie da stress cellulare tra cui il diabete, le malattie cardiovascolari o alcune patologie pro-infiammatorie. Per queste persone la “tempesta “di citochine può diventare ancora più grave e quindi gli effetti della COVID-19 ancora più pesanti.
I ricercatori comunque stanno continuando i loro studi ed hanno intenzione di effettuare esperimenti in vitro e in vivo per capire la reale efficacia di questo farmaco per contrastare l’infezione causata dal nuovo coronavirus SARS-CoV-2 sul corpo degli esseri umani.

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