
Un nuovo studio pubblicato sul Journal of Physiology prende in considerazione l’obesità da parte della madre durante la gravidanza in relazione ai rischi di patologie cardiache dei figli nel corso di tutta la loro vita.
Cambiamenti molecolari nel cuore del feto
I ricercatori dell’Università del Colorado, come riferisce il comunicato della Physiological Society,[1] hanno scoperto che l’obesità può provocare alcuni cambiamenti molecolari nel cuore del feto e può cambiare l’espressione genica collegata al metabolismo dei nutrienti. Si tratta di alterazioni che possono aumentare, anche in maniera notevole, il rischio di incorrere in problemi cardiaci dei figli anche in età avanzata.[1]
Cuore del feto è “programmato” dai nutrienti ricevuti durante la gravidanza
Come riferisce il comunicato, si tratta della prima ricerca che suggerisce che il cuore del feto è “programmato” dai nutrienti ricevuti durante la gravidanza. I cambiamenti nell’espressione genica, infatti, sembrano alterare le modalità che il cuore utilizza per metabolizzare carboidrati e grassi. Questi cambiamenti sembrano spostare la preferenza nutritiva del cuore e indirizzarla maggiormente verso il grasso e meno verso lo zucchero.[1]
Esperimenti sui modelli di topo che replicavano la fisiologia materna umana
I ricercatori hanno svolto gli esperimenti sui modelli di topo che replicavano la fisiologia materna umana nonché il trasporto di nutrienti attraverso la placenta che avviene nelle donne obese. Hanno diviso varie femmine di topo in due gruppi: i membri del primo venivano alimentati con una dieta ad alto contenuto di grassi e con una bevanda zuccherata, una dieta equivalente a quella che un essere umano può portare avanti consumando in maniera regolare patatine, hamburger e una bevanda gassata. C’era poi il gruppo della dieta di controllo.
I cuccioli di topo venivano esaminati sia nell’utero che dopo la nascita fino a 24 mesi di età.[1]
Scoperte
I ricercatori scoprivano che c’erano alcuni cambiamenti nel metabolismo cardiaco dei figli delle femmine di topo obese. Notavano, in particolare, il cambiamento dell’espressione di 841 geni nel cuore dei feti femmine e di 764 geni nel cuore dei feti maschi.
Notavano anche che meno del 10% dei geni erano alterati in entrambi i sessi anche se sia i feti maschi che quelli femmine mostravano funzioni cardiache compromesse. I maschi sembravano compromessi fin dall’inizio mentre per le femmine in peggioramento delle funzioni cardiache avanzava progressivamente con l’avanzare dell’età.
“La nostra ricerca indica un meccanismo che collega l’obesità materna con la malattia cardiometabolica nella generazione successiva”, spiega Owen Vaughan, l’autore principale dello studio.[1]