Omega-3 non più disponibile globalmente entro 2100 a causa del riscaldamento globale

Quantità globale di DHA disponibile per consumo umano attualmente (credito: Ambio, DOI: 10.1007/s13280-019-01234-6)

Secondo un particolare studio pubblicato sulla rivista Ambio, entro il 2100 il 96% della popolazione mondiale potrebbe avere problemi nel reperire l’omega-3, un acido grasso considerato essenziale per il corpo, in particolare per il cervello, a causa del riscaldamento globale.

Il riscaldamento globale, secondo i ricercatori, può infatti ridurre la disponibilità in natura di acido docosaesaenoico (DHA), l’acido grasso più abbondante presente nel cervello dei mammiferi.
Questo acido grasso svolge ruoli importanti e protettivi per il cervello ed è alla base della stessa sopravvivenza cellulare. Questo grasso non è prodotto dal corpo ma deve essere assimilato attraverso i nutrienti. Di solito lo si assimila mangiando animali marini come pesci e frutti di mare oppure assumendo degli integratori.

Gli autori dello studio, provenienti da varie università canadesi, hanno scoperto che se il livello di riscaldamento globale attuale continuasse, la crescita della popolazione potrebbe non essere più supportata da un parallelo aumento della produzione di questo importante acido grasso.

Quest’ultimo risulterebbe ancora reperibile solo in quei paesi in cui il settore ittico è sufficientemente forte e in cui le popolazioni non sono molto grandi, come Norvegia, Groenlandia, Cile un Nuova Zelanda.
In queste nazioni, le persone potrebbero essere ancora in grado di consumare la dose raccomandata di questo acido grasso di circa 100 mg al giorno.

Altri paesi, come Cina, Indonesia Giappone, nonché tutti i paesi africani, potrebbero invece non essere più in grado di assicurare questa dose raccomandata.
Lo studio è stato effettuato da Stefanie Colombo della Dalhousie University; Tim Rodgers dell’Università di Toronto e colleghi dell’Università Ryerson e dell’Università di Toronto.

Gli stessi ricercatori dichiarano: “Secondo il nostro modello, il riscaldamento globale potrebbe comportare una perdita del 10-58% di DHA disponibile a livello globale nei prossimi 80 anni. Un calo dei livelli avrà il massimo effetto sulle popolazioni più vulnerabili e varie fasi dello sviluppo umano, come quelle di feti e neonati, e possono anche influenzare i mammiferi predatori, in particolare quelli nelle regioni polari”.

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