
Nel corso di innovativi esperimenti eseguiti presso il National Ignition Facility, una struttura di ricerca della California, una squadra di ricercatori ha acquisito nuovi importanti dettagli sulle modalità con le quali le supernovae, considerabili come vere proprie esplosioni stellari, tra le più potenti dell’universo, spingono le particelle cariche ad una velocità altissima, quasi quella della luce.
Le supernovae avvengono infatti quando le stelle, alla conclusione della loro esistenza, esplodono letteralmente producendo onde d’urto immani che sconquassano il plasma circostante proiettando, tra l’altro, flussi di particelle in tutto l’universo ad una velocità altissima e producendo i cosiddetti “raggi cosmici”.
Per studiare le onde d’urto che producono questi raggi, i ricercatori hanno inventato un nuovo metodo in laboratorio creando una versione naturalmente ridotta delle esplosioni delle supernovae. Alla fine hanno scoperto che queste esplosioni creano particolari turbolenze su scale molto piccole tramite le quali gli elettroni acquisiscono le incredibili velocità di cui sopra.
“Non stiamo cercando di creare resti di supernova in laboratorio, ma possiamo imparare di più sulla fisica degli shock astrofisici e convalidare i modelli”, spiega Frederico Fiuza, uno degli scienziati coinvolti nel progetto.
Il fenomeno vede gli shock provocati dalle supernove produrre fortissimi campi elettromagnetici che fanno rimbalzare più volte le particelle cariche accelerandole a velocità estreme, prossime a quelle della luce.
Per capire come fanno queste particelle ad avere una velocità iniziale sufficiente per poter “attraversare” questo shock, un vero e proprio mistero che negli anni ha attanagliato le menti di tutti gli astronomi che studiano le supernovae, Fiuza e colleghi, tra cui Anna Grassi, hanno dunque cercato di imitare queste condizioni cosmiche in laboratorio.
Lo hanno fatto utilizzando alcuni tra i laser più potenti al mondo, quelli del National Ignition Facility. Hanno sparato i laser su fogli di carbonio creando flussi di plasma diretti l’uno contro l’altro, producendo in laboratorio un’onda d’urto con condizioni simili allo shock residuo delle supernovae. Hanno avuto conferma che lo shock derivante dall’esplosione poteva accelerare gli elettroni fino a quasi la velocità della luce.
Tuttavia per ottenere i dettagli su come le particelle ottenevano questa accelerazione energetica, hanno effettuato simulazioni computerizzate scoprendo che i campi elettromagnetici turbolenti all’interno delle onde d’urto sono in grado di aumentare la velocità degli elettroni fino al punto in cui le stesse particelle struggono all’onda d’urto rimbalzando indietro e guadagnando ancora più velocità.