
Un nuovo algoritmo che analizza più efficientemente le immagini delle scansioni MRI per rilevare quei piccoli cambiamenti che nel corso del tempo, nelle articolazioni del ginocchio, possono portare all’artrite è stato sviluppato da un gruppo di ricerca dell’Università di Cambridge.
La rilevazione dei piccoli cambiamenti è automatica e può essere utile per sviluppare nuovi trattamenti.
L’algoritmo si basa su un modello tridimensionale dell’articolazione del ginocchio del paziente in base alla quale crea delle “mappe di cambiamento”.
Queste ultime servono per capire anche più piccoli cambiamenti nella struttura dell’articolazione che possono essere indizio di inizio di artrosi o di aggravamento.
Lo studio è stato pubblicato sul Journal of Magnetic Resonance Imaging ed è incentrato sulla osteoartrite, una delle forme di artrite più comune che accade quando la cartilagine delle articolazioni comincia logorarsi.
A quel punto le ossa non riescono più a “scivolare” l’una sull’altra e ciò crea dolore. Non ci sono vere proprie cure al momento se non l’operazione chirurgica per una sostituzione dell’articolazione con una artificiale.
L’osteoartrosi viene individuata tramite radiografie: se si nota un restringimento nello spazio che è intercalante fra le ossa allora vuol dire che c’è stata una perdita di cartilagine.
Tuttavia agli stessi raggi X non sono così sensibili ed efficienti per valutare i cambiamenti più piccoli che possono accadere con il passare del tempo ed ecco che entra in gioco l’algoritmo creato dal team di ingegneri, radiologi e medici di Cambridge.
“Se siamo in grado di rilevare i primi segni di rottura della cartilagine nelle articolazioni, ci aiuterà a capire meglio la malattia, il che potrebbe portare a nuovi trattamenti per questa condizione dolorosa”, spiega James MacKay del Dipartimento di Radiologia, autore principale dello studio.
Lo stesso team aveva sviluppato in passato un algoritmo simile che monitora anche piccoli cambiamenti delle articolazioni nelle scansioni TC (tomografia computerizzata).
Ora hanno creato un algoritmo simile che funziona però per gli esami di risonanza magnetica. L’algoritmo usa una tecnica denominata “mappatura superficiale della cartilagine 3D” (3D-CaSM), la cui sensibilità “consente di fare questa distinzione, che speriamo possa renderlo uno strumento prezioso per testare l’efficacia delle nuove terapie” come spiega lo stesso MacKay.
Approfondimenti
- Improved MRI scans could aid in development of arthritis treatments | University of Cambridge (IA)
- Three‐Dimensional Surface‐Based Analysis of Cartilage MRI Data in Knee Osteoarthritis: Validation and Initial Clinical Application – MacKay – – Journal of Magnetic Resonance Imaging – Wiley Online Library (IA) (DOI: 10.1002/jmri.27193)