
Esiste un collegamento tra la perdita dell’udito e il rischio di demenza nei cani anziani secondo uno studio condotto da ricercatori della North Carolina State University. Si tratta di un collegamento che esiste anche negli esseri umani, come spiega Natasha Olby, autrice corrispondente dello studio. Secondo la ricercatrice, infatti, il declino cognitivo è il 30-40% più veloce nei soggetti umani che hanno perso l’udito.
I ricercatori hanno voluto verificare l’esistenza di questo collegamento in 39 cani con un’età media tra 12 e 14 anni. A questo scopo hanno realizzato dei test uditivi e cognitivi sugli animali mentre i proprietari dovevano rispondere a varie domande, diverse delle quali incentrate sulla qualità di vita dell’animale e sulle sue capacità cognitive. I risultati mostravano che un cane senza problemi uditivi può sentire i toni fino a 50 dB e senza particolari difficoltà.
Tuttavia confrontando i risultati dei test uditivi con le informazioni ottenute tramite test cognitivi e i questionari ai proprietari, i ricercatori scoprivano che i punteggi relativi alla vitalità dell’animale e alla compagnia che potevano offrire ai padroni diminuivano in maniera significativa quando sussistevano livelli più bassi di udito. In sostanza con la diminuzione del livello di udito, diminuiva la capacità da parte degli animali di svolgere determinati compiti.
Secondo Olby i risultati di questo studio mostrano che la connessione tra la qualità dell’udito e la demenza accertata da diversi studi per quanto riguarda gli esseri umani esiste anche per i cani anziani: “Quantificando i cambiamenti neurologici e fisiologici nei cani anziani, non stiamo solo migliorando la nostra capacità di identificare e trattare questi problemi nei nostri animali domestici, ma stiamo anche creando un modello per migliorare la nostra comprensione degli stessi problemi negli esseri umani”, spiega la ricercatrice.