
Un altro effetto dei viaggi o della permanenza nello spazio sul corpo umano è stato descritto in un nuovo studio apparso su Circulation, una rivista dell’American Heart Association. Lo studio si è concentrato sul fatto, già accertato da studi precedenti, che la mancanza di gravità può “confondere” il corpo, fagli produrre meno sangue e acqua e quindi far incorrere l’astronauta alla disidratazione quando torna sulla Terra.
Nello specifico i ricercatori hanno analizzato l’effetto della permanenza nello spazio sui cardiaci natriuretici. Questi ultimi sono ormoni che permettono al corpo di espellere il sodio nell’urina. Hanno analizzato otto astronauti maschi i quali avevano consumato diete a basso contenuto di sodio durante la loro permanenza nello spazio e al ritorno sulla Terra.
Oltre a questi otto astronauti, ricercatori hanno analizzato altri 16 astronauti, in particolare le variazioni del loro volume del sangue, prima, durante e dopo la permanenza nello spazio.
Alla fine i ricercatori scoprivano che durante la permanenza nello spazio gli astronauti erano soliti escretare un quantitativo minore di sodio e che i loro livelli del suddetto ormone risultavano più bassi rispetto a quando erano sulla Terra e ciò era indipendente dalla dieta che portavano avanti e dunque dalle quantità di sodio che assumevano.
Nel breve termine, sei mesi o meno (d’altronde è questo di solito il periodo massimo che un astronauta trascorrere sulla sezione spaziale internazionale), non sembrano esserci effetti deleteri sul corpo ma probabilmente ciò è dovuto proprio al breve periodo: quali potrebbero essere gli effetti per un viaggio a lungo termine, come quello che potrebbe, per esempio, portare gli esseri umani su Marte? Domande a cui forse sarebbe bene rispondere prima di organizzare una missione del genere.
Approfondimenti
- Natriuretic Peptide Resetting in Astronauts | Circulation (IA) (DOI: 10.1161/CIRCULATIONAHA.119.044203)