Photobombing spaziale può impedirci di scoprire pianeti come la Terra

Credito: DALL-E di OpenAI (immagine generata da intelligenza artificiale)

È un fenomeno di “photobombing” cosmico quello trattato in un nuovo studio, pubblicato su Astrophysical Journal Letters, in relazione ai tentativi che gli scienziati possono fare per evitare i disturbi sulla luce di un pianeta ad opera della luce di altri pianeti. Quando si punta un telescopio su un pianeta, infatti, la possibilità che un altro pianeta dello stesso sistema possa arrecare disturbo alle osservazioni può essere molto alta.

Un’eso-Terra potrebbe nascondersi nella luce di un eso-Venere

Si tratta di un fattore di cui si dovrà tenere di conto soprattutto per il prossimo futuro, con i nuovi telescopi, sempre più potenti, o finanche con il James Webb, per il quale ci sono speranze che si possano analizzare come mai fatto prima le atmosfere degli altri pianeti. Secondo quanto spiega Prabal Saxena, ricercatore del Goddard Space della NASA Flight Center di Greenbelt, uno degli autori dello studio, “a seconda dell’osservazione, un’eso-Terra potrebbe nascondersi nella [luce di] ciò che erroneamente crediamo sia una grande eso-Venere”. Ma sappiamo che Venere è molto diversa dalla Terra, in particolare per quanto riguarda l’abitabilità, che è il fattore che poi ci interessa di più.

Il fenomeno di “photobombing” spaziale

Il fenomeno di “photobombing” spaziale risiede in un complesso processo di diffrazione della luce, ossia del piegamento e della diffusione delle onde luminose. Quando l’azione di disturbo proviene da una sorgente che è più grande della sorgente che si vuole osservare, il problema può assumere dimensioni rilevanti. In alcuni casi questo fenomeno può far sì che due pianeti di un sistema che si trovano relativamente vicini, oppure un pianeta ed una sua Luna, ci appaiono come un solo oggetto. In altri casi i dati raccolti su un pianeta simile alla Terra, per esempio, possono essere distorti o alterati da qualsiasi altro pianeta nei pressi, cosa che può impedire l’individuazione di una tipologia di pianeta tra le più interessanti, quella delle “esoterre”.

Lo stesso vale anche per chi osserva i pianeti del sistema solare

Lo stesso può valere anche per il nostro sistema. Ad esempio una civiltà aliena che osservi la Terra ad una distanza di più di trent’anni luce utilizzando telescopi simili a quelli che vediamo oggi, o anche un po’ più avanzati, probabilmente andrebbe incontro a queste stesse difficoltà. I calcoli di Saxena suggeriscono che questa civiltà vedrebbe il nostro pianeta letteralmente mescolato con gli altri pianeti del sistema, anche con quelli che si trovano fuori dalla zona abitabile, e ciò potrebbe avvenire per differenti gamme di lunghezza d’onda.

Come affrontare il problema?

Come affrontare il problema? Secondo il ricercatore si potrebbero usare metodi nuovi per l’elaborazione dei dati che si raccolgono con i telescopi per prendere in considerazione la distorsione di eventuali altri pianeti che si trovino vicino al pianeta osservato. Un altro metodo potrebbe risiedere in una più lunga osservazione nel tempo: in questo modo si potrebbe evitare la possibilità che i pianeti con le orbite ravvicinate appaiono sulle stesse lunghezza d’onda. Lo stesso effetto di fotobombing potrebbe inoltre essere ridotto effettuando osservazioni con più telescopi oppure aumentando le dimensioni dello stesso telescopio.

Note e approfondimenti

  1. Photobombing Earth 2.0: Diffraction-limit-related Contamination and Uncertainty in Habitable Planet Spectra – IOPscience (DOI: 10.3847/2041-8213/ac7b93)
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