Sappiamo che l’inquinamento procurato dalla plastica ha un impatto enorme sull’ambiente ma quel che forse non tutti sappiamo è che la plastica può presentarsi, una volta lasciata nell’ambiente, sotto diverse forme e una di queste forme la vede letteralmente “fluttuare” nell’aria.
Nanoplastiche
Parliamo delle cosiddette “nanoplastiche”, pezzettini di plastica dalle dimensioni così contenute che possono galleggiare nell’aria. La plastica tende a smembrarsi (ma non a biodegradarsi che è un concetto differente) una volta introdotta in taluni ambienti e vengono a crearsi frammenti che diventano sempre più piccoli. Questi frammenti possono insinuarsi sempre più facilmente, man mano che si riducono le dimensioni, un po’ dappertutto, anche nel corpo degli esseri viventi. Molti studi hanno dimostrato che le nanoplastiche possono viaggiare per migliaia di chilometri da un luogo all’altro del pianeta venendo trasportate proprio dal vento. È essenziale, dunque, ideare metodi per scoprire la quantità di nanoplastica nell’aria in un determinato luogo, una cosa che però al momento non è facile da fare con dispositivi più o meno portatili e comunque dal costo contenuto.
Sensore di nanoplastica
Raz Jelinek, ricercatore dell’Università Ben-Gurion del Negev, sta facendo proprio questo. Sta sviluppando una sorta di “naso elettronico”, sostanzialmente un sensore di nanoplastica, per monitorare l’ambiente. Si tratta di un dispositivo che contiene diversi strati di carbonio che possono assorbire i tipi più comuni di plastica: il polistirene, il polipropilene e il polimetilmetacrilato. Nel corso dei test i ricercatori “aerosolizzavano” la plastica in laboratorio facendola fluttuare nell’aria. Esponendo gli elettrodi rivestiti con pellicole di carbonio a questa Nana Plastica dispersa nell’aria i ricercatori ottenevano segnali diversi a seconda del tipo di plastica.
Dispositivo utile in determinati ambienti
Questo sensore può segnalare la quantità delle particelle di un tipo di plastica, ad esempio se supera una determinata soglia di concentrazione. I ricercatori stanno ancora lavorando al sensore affinché possa distinguere tra più tipi e tra più dimensioni delle nanoplastiche. Dispositivi del genere potrebbero essere usati negli ambienti “più sensibili”, ad esempio negli ambienti al chiuso dove è più facile “respirare” la plastica, ossia nelle strutture sanitarie, nelle scuole o anche nelle case.