
Abbiamo sempre sentito dire che il polistirolo, uno dei materiali plastici più utilizzati al mondo, non si degrada per millenni e può risultare per questo uno dei principali inquinanti.
Tuttavia un nuovo studio, pubblicato su Environmental Science & Technology Letters, mostra che se il polistirolo è esposto alla luce del Sole, quest’ultima lo può “abbattere” su scale temporali più brevi che vanno da decenni a secoli.
Il polistirene o polistirolo oggi è utilizzato in molti settori, nella sua forma espansa soprattutto nell’imballaggio ma è utilizzato anche nella forma non espansa per costruire tantissimi oggetti, dai rasoi usa e getta alle custodie per CD.
Non può essere degradato da alcun microbo e soprattutto questo aspetto ha portato gli scienziati a stimare, ed anche in via conservativa, la sua durata in millenni.
Il nuovo studio, condotto da Collin Ward e dai suoi colleghi della Woods Hole Oceanographic Institution, sembra però abbassare questo limite.
I ricercatori hanno realizzato un esperimento ponendo nell’acqua cinque campioni di polistirene, di quello ampiamente disponibile in commercio. Hanno poi esposto questi pezzi ad una luce solare simulata tre volte più luminosa della stessa luce del sole che batte all’equatore, per accelerare i tempi della simulazione.
I ricercatori scoprivano che questa luce simulata ossidava in maniera parziale tutti i campioni trasformandone una determinata parte in carbonio organico. Questo stesso processo potrebbe richiedere, secondo i ricercatori, decenni in un ambiente naturale e ad una latitudine che va da 0° a 50° nord (sostanzialmente dall’equatore fino al confine superiore degli Stati Uniti).
Per una degradazione completa gli scienziati dunque stimano un periodo di tempo che richiederebbe secoli e non millenni.
Questo limite potrebbe essere abbassato ancora, secondo i ricercatori, “giocando” con la quantità e la qualità degli additivi che di solito il polistirene contiene. Con nuove tecnologie, questi additivi potrebbero essere facilmente controllati in futuro.