
I cani possono rivelarsi un’ottima arma di contrasto per ridurre la solitudine secondo uno studio pubblicato su BMC Public Health. I ricercatori dell’Università di Sydney hanno infatti analizzato 71 persone provenienti da Sydney per un periodo di otto mesi e sono giunti alla conclusione che entro tre mesi dall’acquisizione di un cane come animale domestico è già possibile ridurre significativamente la condizione di solitudine.
I ricercatori, per giungere a questa conclusione, hanno analizzato in particolare il benessere mentale dei nuovi proprietari di cani confrontato con quello delle persone che, durante gli otto mesi di osservazione, intendevano acquisire un cane ma non lo hanno fatto e con quello delle persone che invece non aveva alcuna intenzione di possedere un cane.
I ricercatori osservavano che i nuovi proprietari di cani riferivano di soffrire dei livelli di solitudine inferiori già entro tre mesi dall’acquisizione e l’effetto persisteva fino alla fine del periodo di osservazione. Gli stessi nuovi proprietari riferivano di sperimentare un livello negativo minore dell’umore e dunque livelli minori di arrabbiature e nervosismo.
Secondo Lauren Powell, l’autrice principale dello studio, il verificarsi regolare delle interazioni con un cane di proprietà può produrre miglioramenti a lungo termine per quanto riguarda l’umore e in generale la sensazione di solitudine.
Come spiega Emmanuel Stamatakis, autore senior dello studio, il senso di solitudine può essere ridotto, per esempio, portando il cane a passeggio: questa azione può, per esempio, favorire l’incontro con altre persone.
Ciò risulta molto importante soprattutto in età avanzata, un periodo della vita in cui il rischio di solitudine se non di vero e proprio isolamento diventa sempre più alto. Livelli troppo alti di isolamento,infatti, possono favorire l’aggravarsi di fattori di rischio di varie patologie tra cui malattie cardiovascolari e depressione.
Approfondimenti
- Companion dog acquisition and mental well-being: a community-based three-arm controlled study | BMC Public Health | Full Text (IA) (DOI: 10.1186/s12889-019-7770-5)