
Una meteora che è entrata nella nostra atmosfera nel 2014 e i cui frammenti si sono schiantati nell’Oceano Pacifico al largo della Papua Nuova Guinea è il primo oggetto interstellare conosciuto ad essere arrivato sulla Terra. Lo riferisce un nuovo articolo di Vice[1] che si rifà ad una nota diramata dallo United States Space Command (USSC), filiale per gli affari “spaziali” del Pentagono.[2]
Primo oggetto interstellare conosciuto raggiungere la Terra
Si tratterebbe, qualora la scoperta fosse confermata, anche tramite revisione tra pari che ancora deve avvenire, del primo oggetto interstellare conosciuto a raggiungere il sistema solare e ad attraversare l’atmosfera terrestre.
Lo studio, che ha avuto un decorso abbastanza tribolato, è stato per ora pubblicato in prestampa solo su arXiv nel 2019 ed è stato redatto da Amir Siraj, studente di astrofisica ad Harvard, coadiuvato dal suo mentore Avi Loeb, fisico teorico, astrofisico e cosmologo israeliano-americano nonché professore nella stessa università.
Informazioni “classificate”
In effetti Siraj spiega che lo stesso studio è in attesa di revisione da anni e i motivi sono da ricondurre alle circostanze abbastanza strane che caratterizzano le modalità della scoperta di questo evento. L’individuazione e le caratteristiche dell’oggetto sono state infatti catalogate come informazioni classificate dal governo degli stessi Stati Uniti, e quindi inaccessibili anche a Siraj e Loeb. Alcune delle tecnologie utilizzate per monitorare i cieli alla ricerca delle “palle di fuoco”, provocate da meteore e asteroidi in entrata nella nostra atmosfera, infatti, sono le stesse che il governo e l’apparato militare degli Stati Uniti utilizza per individuare le esplosioni nei cieli, come quelle nucleari.
Ciò ha reso molto difficile l’utilizzo di tutti i dati relativi all’evento presenti nel database da parte dei due ricercatori.
‘Oumuamua
Tutto è nato quando Siraj e Loeb hanno cominciato a cercare eventi di “palle di fuoco” interstellari dopo che era stato scoperto ‘Oumuamua, un grosso oggetto a forma di sigaro, lungo varie centinaia di chilometri. ‘Oumuamua è stato il primo oggetto interstellare mai individuato, un’individuazione avvenuta solo nel 2017. La sua provenienza extrasolare è fortemente corroborata da diversi dati e dalla sua orbita particolare.
Tra l’altro lo stesso Loeb ha suggerito che l’ipotesi relativa alla natura artificiale dell’oggetto, a fronte delle informazioni che oggi abbiamo, non può essere del tutto esclusa. Proprio per alcune delle sue caratteristiche strane, ‘Oumuamua potrebbe essere una navicella aliena entrata nel nostro sistema solare, secondo il ricercatore.
Una palla di fuoco molto interessante registrato l’8 gennaio 2014
Tra le varie centinaia di impatti registrati nel database gestito dal Center for Near Earth Object Studies (CNEOS) della NASA i due ricercatori ne hanno trovato uno molto interessante avvenuto l’8 gennaio 2014. L’evento era relativo all’intrusione nell’atmosfera terrestre di un oggetto ad una velocità molto elevata, più di 200.000 km orari.
I ricercatori sono giunti alla conclusione che questa velocità si spiega solo con una possibile origine nel profondo interno di un sistema planetario o nella regione di una stella situata nel disco galattico della via Lattea.
Una meteora interstellare
In sostanza in sostanza si tratterebbe, secondo i ricercatori, di una meteora interstellare e la cosa più incredibile, spiega lo stesso Siraj, risiede nel fatto che “si nascondeva in bella vista”. Probabilmente nessuno ha cercato oggetti interstellari nei vari database relativi alle palle di fuoco e agli impatti di asteroidi e meteore provenienti dall’esterno del nostro sistema solare in quanto la prima individuazione, quella del suddetto ‘Oumuamua, è avvenuta solo nel 2017. Dopo l’individuazione di ‘Oumuamua l’interesse verso gli oggetti interstellari presenti nel nostro sistema solare è “scoppiato” tra gli astronomi ma scoprirne uno che è addirittura impattato sul nostro pianeta alza l’asticella dell’eccezionalità ad un livello ancora superiore.
Trovare i frammenti nel mare? Difficile ma non impossibile
Una vera conferma potrebbe arrivare analizzando i frammenti della meteora che probabilmente sono sparsi in un’ampia regione dell’oceano Pacifico al largo della Papua Nuova Guinea. Quella di trovarli, sul fondo del mare, è una missione davvero difficile ma lo stesso Siraj vuole esaminare “in modo estremamente approfondito” questa possibilità, anche parlando con esperti mondiali di spedizioni oceaniche. La possibilità, anche se piccola, di trovare un oggetto proveniente dall’esterno del sistema solare e di poterlo analizzare in laboratorio è troppo eccitante per scartarla a priori.