
È considerata come la prima protesi celebrale “plug-and-play” mai sviluppata quella realizzata da un team di ricercatori del Weill Institute for Neurosciences dell’Università di San Francisco. Il dispositivo potrebbe permettere un giorno ad un individuo paralizzato di controllare tramite il cervello un arto protesico. Per realizzare il dispositivo, o meglio i software che lo controllano, i ricercatori si sono fatti anche alle moderne tecniche di apprendimento automatico dell’intelligenza artificiale.
Per il momento con questo dispositivo un individuo paralizzato può controllare un cursore su un computer usando solo la propria attività cerebrale e senza che debba andare incontro ad una curva di apprendimento lunga o ripida, cosa che è una caratteristica intrinseca, almeno molto spesso, delle interfacce cervello-computer.
A spiegare quanto sia speciale la creazione di questo nuovo dispositivo è Karunesh Ganguly, un professore del Dipartimento di Neurologia della UCSF impegnato nel progetto: “Adattare un sistema di apprendimento artificiale per funzionare senza problemi con i sofisticati schemi di apprendimento a lungo termine del cervello è qualcosa che non è mai stato mostrato prima in una persona paralizzata”.
Descritto su Nature Biotechnology, il dispositivo si serve di un gruppo di elettrodi ECoG applicati chirurgicamente sul cranio di un individuo tetraplegico (con tutti e quattro gli arti paralizzati). Per abbinare una determinata attività cerebrale, registrata attraverso gli elettrodi, ad un determinato movimento del cursore, i ricercatori hanno utilizzato la tecnica dell’apprendimento automatico. Il soggetto non deve far altro che immaginare il movimento specifico del collo e del polso per muovere il cursore sullo schermo.
Il paziente, secondo il comunicato stampa dello studio, è riuscito ad ottenere prestazioni di alto livello quasi immediatamente, dopo poche ore di pratica. Ecco perché nello stesso comunicato il dispositivo viene definito “plug and play” perché l’utilizzo da parte del paziente è pressoché immediato.
Gli elettrodi ECoG risultano più stabili degli elettrodi tradizionali. Questi ultimi, infatti, non sono fissati in maniera chirurgica e tendono a spostarsi con il tempo e ciò cambia il sistema dei segnali che il software impara ad usare.
“Siamo sempre stati consapevoli della necessità di progettare una tecnologia che non finisca in un cassetto, per così dire, ma che in realtà migliorerà la vita quotidiana dei pazienti paralizzati”, spiega Ganguly. “Questi dati mostrano che le BCI (interfacce cervello-computer, n.d.r.) basate sugli ECoG potrebbero essere la base per una tale tecnologia”.
Approfondimenti
- Plug-and-play control of a brain–computer interface through neural map stabilization | Nature Biotechnology (IA) (DOI: 10.1038/s41587-020-0662-5)