
L’effetto combinato di mutazioni genetiche rare già presenti alla nascita può contribuire ad aumentare il rischio di malattie e in generale ha un ruolo nella durata complessiva della vita secondo un nuovo studio pubblicato su eLife.
I risultati dello studio, secondo quanto riferisce il relativo comunicato apparso sul sito di eLife, suggeriscono che le varie combinazioni di queste mutazioni rare dannose determinano quanto presto una persona può sviluppare malattie come cancro, demenza o malattie cardiache.
“Il ruolo delle mutazioni dannose ultra rare che riducono la durata della vita e la salute è stato ampiamente trascurato”, spiega Vadim Gladyshev, professore del Brigham and Women’s Hospital e della Harvard Medical School di Boston, autore senior dello studio. “Sono diversi nelle diverse persone, ma in combinazione, mostrano un effetto inaspettatamente grande sulla durata della vita”.
Queste nuove scoperte riguardo alle varianti genetiche sono state possibili grazie a nuove grandi set di dati con i sequenziamenti di decine di migliaia di DNA, database così grandi che ora permettono di scoprire gli effetti della variazione del DNA che possono comparire in meno di una persona su 10.000, come spiega Anastasia Shindyapina, ricercatrice presso il Brigham e prima autrice dello studio.
Tra le varianti genetiche più dannose ci sono quelle ultra rare di troncamento proteico (varianti troncanti delle proteine, Protein-truncating variants, PTV) le quali hanno un impatto più dannoso rispetto ad altre varianti genetiche più comuni e possono cambiare la funzione di importanti proteine all’interno del corpo. Una frequenza maggiore di queste varianti genetiche è collegata a malattie quali la schizofrenia, l’epilessia e l’autismo.
I ricercatori dietro questo nuovo studio hanno scoperto che queste varianti genetiche possono influenzare anche la durata della vita. Ogni PTV ultra raro che si poteva trovare nel genoma di una persona, era collegato ad una riduzione della durata della vita di sei mesi.
Le varianti PTV possono essere acquisite già alla nascita ma si possono accumulare anche con l’avanzare dell’età anche se quelle che si acquistano man mano con il passare degli anni sembrano avere effetti minori rispetto alle varianti congenite. “Ciò implica che la variazione genetica che accumuliamo nel corso della vita rappresenta solo una piccola parte dell’aumentato rischio di malattia e morte che tutti noi affrontiamo quando invecchiamo, se i nostri calcoli teorici sono corretti”, spiega Andrei Tarkhov, dottorando presso l’Istituto di Scienza e Tecnologia di Skolkovo, Mosca, altro autore dello studio.