Resti di antibiotici in animali da allevamento, nuovo metodo per estrarli

La ricercatrice Soledad González (credito: Università di Córdoba)

Il problema delle tracce di antibiotici che restano nel corpo degli animali dei quali poi ci nutriamo sta diventando sempre più pressante. In ambito zootecnico, infatti, si suole far assumere agli animali da allevamento degli antibiotici e ciò accade, per esempio, con la coccidiosi.
Quest’ultima è una malattia intestinale che colpisce diversi gruppi di animali, tra cui anche diversi da allevamento, che inibisce la capacità stessa dell’animale di assorbire i nutrienti e dunque di crescere.

Per contrastarla si fa assumere all’animale un coccidiostatico, un antibiotico effettivamente utile ma che negli esseri umani, quando immesso nel corpo a concentrazioni troppo elevate, può causare fastidi o addirittura malattie cardiovascolari. Eventualità neanche troppo rara dato che di questi animali alla fine ci nutriamo.
Un team di ricerca dell’Università di Córdoba ha ora sviluppato un nuovo metodo per estrarre le tracce di antibiotici dalle fonti animali tramite l’utilizzo di solventi supramolecolari conosciuti come SUPRAS, composti non tossici che migliorano le prestazioni nella fase dell’estrazione riducendone i costi.

Grazie a questi solventi si possono estrarre simultaneamente residui di diversi antibiotici e pulire il corpo del campione in una fase unica.
“Questo è un metodo a basso costo e rispettoso dell’ambiente, poiché utilizza un volume inferiore di solvente organico rispetto ad altre tecniche ampiamente e comunemente utilizzate nei laboratori”, spiega Soledad González, una delle ricercatrici impegnate nello studio.
Il nuovo metodo è stato applicato non solo sulle carni ma anche sulle uova e sul latte e si è rivelato abbastanza efficiente in quanto abbassava i livelli di antibiotici presenti in questi alimenti al di sotto del limite consentito.

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