
Una sostanza chimica naturale che, in alcuni studi sperimentali, aveva mostrato risultati molto promettenti per il contrasto al cancro negli esseri umani, è stata trovata da un team di ricercatori in una specie di corallo comune. Questa identificazione è importante perché ha fatto sì che i ricercatori potessero trovare ed analizzare il codice genetico di questo animale onde sintetizzare poi questa importante sostanze chimica in laboratorio, come riferisce il nuovo comunicato della University of Utah Health Sciences.[1]
Lo studio è stato pubblicato su Nature Chemical Biology.[2]
Composti sono molto difficili da trovare
Come spiega Eric Schmidt, un professore di chimica medicinale della U of U Health, questi composti sono molto difficili da trovare, è più facile crearli in laboratorio previa analisi genetica approfondita se se ne conosce la “ricetta”.
I coralli sono di perché producono diversi composti i quali sembrano essere molto simili a diversi farmaci che si usano in ambito clinico. Molti di questi composti potrebbero funzionare come degli agenti antinfiammatori, come degli antibiotici o come diverse altre tipologie di farmaci. Il problema sta nell’ottenere quantità sufficienti. Tuttavia Schmidt spiega che l’approccio che lui e i suoi colleghi hanno utilizzato potrebbe rendere più facile l’accesso a questi composti.
L’eleuterobina
I ricercatori si sono concentrati su una specie comune di corallo molle che vive al largo della Florida. Hanno scoperto che il suo corpo produce un particolare composto sfuggente, l’eleuterobina, che risulta essere un potente inibitore della crescita delle cellule tumorali.
Istruzioni genetiche
Tramite compresse analisi genetiche, i ricercatori scoprivano anche le istruzioni genetiche che questi coralli usano per produrre questo composto. Hanno quindi programmato dei batteri in laboratorio affinché eseguissero queste istruzioni: i microrganismi riuscivano a replicare fedelmente tutti i passaggi per produrre questo potenziale composto anticancro. Ora i ricercatori vogliono capire come arrivare a produrne grosse quantità in modo da poter stimare un eventuale utilizzo in ambito clinico.[1]