
I rifiuti prodotti dal consumo del cibo da parte degli esseri umani rappresentano uno dei più grossi problemi del contenimento relativo all’inquinamento del comparto dei rifiuti prodotti dagli umani. Milioni di persone in tutto il mondo soffrono la fame eppure i rifiuti alimentari rappresentano il secondo più alto contributo alla massa totale di rifiuti dopo la carta (per quest’ultima il passaggio al digitale è stato ampiamente benefico ma non ancora sufficiente).
L’Agenzia per la protezione dell’ambiente (EPA) e il Dipartimento federale degli Stati Uniti (USDA) si sono impegnati a ridurre del 50% entro il 2030 i rifiuti alimentari del paese. Una sfida abbastanza impegnativa, non c’è che dire, considerando che 30 milioni di tonnellate di rifiuti alimentari destinati alle discariche si decompongono ogni anno rilasciando, tra l’altro, grosse quantità di metano nell’atmosfera, un gas che aumenta l’effetto serra.
Il problema principale, soprattutto della cultura occidentale, è relativo al fatto che viene comprato troppo cibo, oppure se ne ordina troppo al ristorante o al fast-food, e ciò, al di là degli standard morali che possono coinvolgere anche la sfera personale, è una problematica difficilmente risolvibile se non a livello di cultura generale e di stile di vita, fattori che cambiano solo con il passare dei decenni e con un’attenta azione di tipo governativo.
Fortunatamente molte molte componenti della società odierna stanno cominciando a diventare sensibili al problema: ad esempio, sempre negli Stati Uniti, le università hanno iniziato a trattare seriamente il problema dei rifiuti alimentari promuovendo frutta e verdure. I servizi di ristorazione stanno lavorando con gli agricoltori per ottenere prodotti più facilmente degradabili. E così via. La sensazione, però, è che l’attuale livello di contrasto a questa problematica non risulti ancora sufficiente.
Fonti e approfondimenti