
Il problema dei rifiuti derivati dai prodotti elettronici sta diventando sempre più pressante. Un nuovo allarme lo lancia il rapporto Global E-waste Monitor 2020, pubblicato ieri dalla Global E-waste Statistics Partnership, secondo il quale entro il 2030 la quantità di rifiuti elettronici in giro per il mondo sarà di 74,7 milioni di tonnellate, una crescita cospicua, quasi un raddoppio rispetto ai 44,4 milioni di tonnellate del 2014.
Si parla di rifiuti elettronici di ogni tipo, da quelli derivanti dai computer desktop o laptop fino agli smartphone e ai pezzi di elettrodomestici vari. Il rapporto prende in considerazione solo l’elettronica di consumo e si rifà, per i suoi calcoli, soprattutto ai dati di vendita dei singoli paesi.
Si tratta, dunque, di un rapporto che non prende neanche in considerazione il peso, in termini di rifiuti elettronici, dei rifiuti prodotti dalle componenti elettroniche di tipo industriale.
L’aumento previsto per il 2030 dei rifiuti elettronici “consumer” è dato da tassi di consumo sempre più veloci ed elevati con cicli di vita degli stessi oggetti sempre più brevi (vedi anche l’argomento “obsolescenza programmata” su Wikipedia).
I rifiuti elettronici sono per certi versi più pericolosi delle altre tipologie di rifiuti in quanto, oltre a contenere la plastica che è un elemento di per sé non biodegradabile, possono contenere anche materiali pericolosi come il cadmio e il mercurio nonché sostanze chimiche, presenti quelle negli elettrodomestici refrigeranti, come i clorofluorocarburi e gli idroclorofluorocarburi.
Si tratta di sostanze che, una volta emesse nell’ambiente, possono creare gravi danni, spesso non reversibili.
Inoltre dietro il problema dei rifiuti elettronici c’è anche uno spreco non di poco conto: spesso contengono anche diversi minerali o metalli preziosi che potrebbero essere recuperati, tra cui rame, oro, e terre rare.
Approfondimenti
- Global E-waste Monitor 2020 (IA) (pdf)
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