
Ci sono organismi marini che per riprodursi rilasciano nell’acqua delle cellule riproduttive, sostanzialmente spermatozoi e gameti o uova.
Rilevare in tempo reale il rilascio di queste cellule risulta molto difficile e conseguentemente risulta difficile anche studiare animali quali le capesante (Pecten jacobaeus), un mollusco bivalve presente tra l’altro anche nel Mediterraneo.
Un gruppo di ricercatori dell’Università del Maine e del Bigelow Laboratory for Ocean Sciences ha dunque ideato un nuovo metodo per studiare questi “rilasci” prelevando i campioni di acqua e analizzando il DNA ambientale.
Il risultato dello studio verte su un nuovo metodo per gestire le popolazioni di molluschi selvatici, ma anche quelli in acquacoltura, e in generale mostra un nuovo approccio nel contesto del cosiddetto all’eDNA, denominato anche DNA ambientale, ossia il DNA che è raccolto non da organismi viventi ma dai campioni prelevati dagli ambienti in cui essi vivono.
A spiegare l’importanza di questa ricerca è Skylar Bayer, ricercatrice presso il Milford Laboratory del Northeast Fisheries Science Center e autrice principale: “Sapere quando e dove si generano gli organismi marini è importante per capire la loro crescita demografica e il loro ciclo di vita. Di solito, monitorare gli eventi di generazione negli invertebrati marini, comprese le capesante marine, può essere un compito difficile, quindi essere in grado di tracciare questi eventi campionando l’acqua di mare potrebbe essere enormemente utile per la gestione e le pratiche di conservazione delle specie marine”.
La stessa ricercatrice ammette che questo metodo potrà essere utilizzato in futuro anche per comprendere gli eventi di deposizione di altri animali marini come coralli e vongole, praticamente in tempo reale.
Lo studio è stato pubblicato su Marine Ecology Progress Series.
Approfondimenti
- Inter Research » MEPS » v621 » p127-141 (IA) (DOI: 10.3354/meps12991 )
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