
I ricercatori dell’Università della British Columbia hanno svelato uno scenario impegnativo per gli esemplari giovani di salmone Coho rilasciati direttamente nell’oceano. Lo studio, pubblicato sul North American Journal of Fisheries Management[1] rivela che questi giovani pesci devono affrontare una brutale prova di sopravvivenza. Kevin Ryan del Mossom Creek Hatchery di Port Moody, BC, che rilascia tra i 5.000 e i 10.000 esemplari di Coho all’anno, nota l’incertezza su quanti ritorneranno da adulti. Il dottor Scott Hinch del Pacific Salmon Ecology and Conservation Lab dell’UBC sottolinea che le prime miglia dell’oceano sono le più pericolose.
La dura realtà della sopravvivenza precoce
Utilizzando la telemetria acustica, i ricercatori hanno monitorato i salmoni e hanno trovato risultati sorprendenti: solo il 60% sopravvive a soli tre chilometri dopo il rilascio. Quando raggiungono i 20 chilometri al Lions Gate Bridge, ne rimane meno di un quarto. La predazione rappresenta una minaccia significativa in questa fase iniziale, con la maggior parte dei decessi che si verificano vicino ai siti di rilascio. Lo studio sottolinea la necessità di tecniche di rilascio strategiche per aumentare i tassi di sopravvivenza, come la variazione delle posizioni e dei metodi di rilascio dei pesci.
Un impegno comunitario nella conservazione del salmone
Il Mossom Creek Hatchery non si concentra solo sull’allevamento del salmone, ma svolge anche un ruolo fondamentale nell’educare il pubblico sulla gestione delle risorse naturali. Con il calo delle popolazioni di salmone, il dottor Hinch sottolinea la crescente importanza di sostenere gli allevamenti gestiti dalla comunità. Queste iniziative cercano di perfezionare le strategie di rilascio e a migliorare i tassi di sopravvivenza complessivi di questi pesci emblematici.
Direzioni e strategie future
In seguito ai risultati, l’incubatoio prevede di sperimentare diverse località di rilascio e monitorare da vicino i risultati. “Etichetteremo e monitoreremo questi pesci dal loro rilascio come giovani esemplari fino al loro ritorno da adulti per determinare quali approcci funzionano meglio”, spiega Ryan, uno dei responsabili del progetto.