Sanguinamento nel tratto gastrointestinale superiore dopo infarto, scoperti altri fattori predittori

Abstract grafico (credito: DOI:1 0.1093/ehjcvp/pvab059 | European Heart Journal - Cardiovascular Pharmacotherapy | Oxford Academic)

Otto fattori importanti che possono aumentare il rischio di incorrere in una complicanza emorragica a seguito dell’infarto abbastanza comune sono stati scoperti da un team di ricercatori del Karolinska Institutet. Alcuni di essi erano già conosciuti, altri no. I ricercatori in questo studio, è questa forse è la novità principale, hanno utilizzato tecniche di apprendimento automatico, e quindi di intelligenza artificiale, per trovare gli altri predittori.[1]
Lo studio è stato pubblicato sull’European Heart Journal – Cardiovascular Pharmacotherapy.[2]

Lo studio e i risultati

I ricercatori hanno svolto lo studio trattando i dati di più di 150.000 persone che avevano avuto l’infarto miocardico acuto tra il 2007 il 2016. L’1,5% del campione aveva poi subito anche l’emorragia gastrointestinale entro un anno dall’infarto.
I ricercatori scoprivano diversi fattori che aumentavano il rischio di questa emorragia del tratto gastrointestinale superiore e tra di essi c’erano livelli più bassi di emoglobina, l’età e un eventuale trattamento antitrombotico intensivo. Questi erano i fattori già conosciuti ma utilizzando il particolare algoritmo di cui sopra i ricercatori ne hanno scoperti anche altri e tra di essi ci sono il fumo, la pressione sanguigna, il livello della glicemia e altre condizioni e disturbi relativi all’intestino come le ulcere o il reflusso acido.[1]

Scoprire pazienti più a rischio di emorragia gastrointestinale superiore a seguito di infarto è importante

Come spiega Moa Simonsson, una ricercatrice dell’ospedale universitario del Karolinska e autrice corrispondente dello studio, determinare in tempo quali sono i pazienti più a rischio di emorragia gastrointestinale superiore a seguito di infarto è molto importante in quanto in questo modo si possono mettere in atto misure preventive che possono mitigare altamente lo stesso rischio. Queste misure preventive, per esempio, possono essere attuate tramite appositi farmaci oppure tramite trattamenti personalizzati.[1]

Sanguinamento nel tratto gastrointestinale superiore

La patologia presa in considerazione da ricercatori è il sanguinamento nel tratto gastrointestinale superiore (GI). Si tratta di una delle emorragie che seguono l’infarto miocardico acuto più comuni. L’emorragia può provocare molta sofferenza e può aumentare il rischio di morte. Inoltre, spesso, questo tipo di emorragia non consente l’utilizzo di farmaci antitrombotici e ciò peggiora la condizione cardiovascolare.

L’utilità dell’utilizzo dell’apprendimento automatico

Philip Sarajlic, studente di dottorato del Dipartimento di Medicina al Karolinska, rimarca l’utilità dell’utilizzo dell’apprendimento automatico per trovare fattori di rischio importanti. Ciò è possibile grazie a set di dati molto preziosi che, in questo caso provenivano dal registro nazionale SWEDEHEART.[1]

Helicobacter Pylori

L’altro autore dello studio, Robin Hofmann, ricercatore del Dipartimento di Scienze Cliniche e Educazione, spiega che già uno studio pilota lo scorso anno aveva mostrato un aumento del batterio Helicobacter Pylori nelle persone che avevano avuto l’infarto: “Ora procederemo con un ampio studio randomizzato per accertare se uno screening sistematico dei pazienti con attacco di cuore per l’infezione da Hp e, se del caso, il suo trattamento, può ridurre le complicanze emorragiche e migliorare la prognosi dopo l’infarto”.[1]

Note e approfondimenti

  1. Eight predictors of upper gastrointestinal bleeding after heart attack | Karolinska Institutet Nyheter (IA)
  2. Incidence, associated outcomes, and predictors of upper gastrointestinal bleeding following acute myocardial infarction: a SWEDEHEART-based nationwide cohort study | European Heart Journal – Cardiovascular Pharmacotherapy | Oxford Academic (IA) (DOI: 10.1093/ehjcvp/pvab059)
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