Un gruppo di scienziati del Center for Infection and Immunity (CII) della Mailman School of Public Health della Columbia University sta analizzando gli escrementi di gorilla e scimpanzé raccolti dalla Wildlife Conservation Society (WCS) nella regione del Sangha della Repubblica del Congo. L’obiettivo? Confrontarli con gli escrementi di altri primati, compresi gli esseri umani, per comprendere il complesso mix di microbi intestinali che vanno a determinare importanti cambiamenti nelle caratteristiche relative alla salute del corpo.
Gli scienziati hanno già scoperto che i microbiomi di scimpanzé e gorilla cambiano in maniera notevole durante la stagione calda e secca, un periodo dell’anno in cui sono presenti molti frutti succulenti nell’ambiente in cui vivono.
Tra l’altro questi cambiamenti sono molto simili ai cambiamenti di microbiomi già analizzati nelle popolazioni Hadza della Tanzania, gruppi tribali che fanno affidamento sulle disponibilità stagionali di alimenti nelle loro ambiente proprio come fanno scimpanzé gorilla.
Nella mondo industrializzato queste tipologie di cambiamenti sono molto meno diffuse a causa della globalizzazione che ha coinvolto anche l’approvvigionamento alimentare.
Secondo Brent L. Williams, assistente professore di Epidemiologia presso la CII, “I batteri che aiutano i gorilla ad abbattere le piante fibrose vengono sostituiti una volta all’anno da un altro gruppo di batteri che si nutrono dello strato mucoso nel loro intestino durante i mesi in cui stanno mangiando frutta. Il fatto che i nostri microbiomi siano così diversi dai nostri parenti evolutivi viventi più vicini dice qualcosa su quanto abbiamo cambiato le nostre diete, consumando più proteine e grassi animali a scapito delle fibre. Molti esseri umani possono vivere in uno stato costante di deficienza di fibre, un tale stato può favorire la crescita di batteri che degradano il nostro strato protettivo di muco, che può avere implicazioni per l’infiammazione intestinale, persino il cancro del colon”.