
Un nuovo farmaco che impedirebbe al virus dell’HIV di rintrodussi nelle cellule è stato sviluppato da un gruppo di ricerca dell’Università dello Utah. I ricercatori, che hanno collaborato con colleghi del National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID), del Beth Israel Deaconess Medical Center di Boston e della Navigen, Inc., riferiscono che questo nuovo farmaco potrebbe offrire una “protezione duratura dall’infezione con meno effetti collaterali”, come riferito nel comunicato apparso sul sito dell’università americana.
Per il momento il farmaco è stato sperimentato solo su primati non umani ma secondo i ricercatori potrebbe sostituire oppure integrare le terapie a base di “cocktail” di farmaci che attualmente vengono eseguite per contrastare il virus, tra cui la terapia antiretrovirale combinata (cART).
Secondo Michael S. Kay, professore di biochimica della U Health, questo farmaco vanterebbe “un meccanismo d’azione unico rispetto ad altri farmaci approvati”.
Farmaco CPT31
Il farmaco, denominato CPT31, si serve di un peptide D che prende di mira un meccanismo critico diffusione del virus dell’Hiv che muta molto raramente. I peptidi D possono essere considerati, come spiega il comunicato, come delle immagini speculari dei peptidi che esistono in natura. Proprio per questo il farmaco non viene degradato una volta inserito nel corpo e dura più a lungo dei peptidi naturali.
Come spiega Brett Welch, un altro degli autori dello studio nonché uno dei responsabili della Navigen, una società di Salt Lake City che ha contribuito al progetto, i peptidi D non vengono neanche presi di mira dallo stesso sistema immunitario. Ciò previene una reazione immunitaria del corpo e quindi gli effetti collaterali che si possono avere con i farmaci più tradizionali. Proprio grazie al peptide D, questo farmaco potrebbe offrire una soppressione virale maggiormente estesa con dosi più basse e con effetti collaterali minori, come spiega ancora Welch.
Gli esperimenti sui macachi
I ricercatori hanno sperimentato il farmaco in alcuni macachi sani. Dopo qualche giorno hanno esposto le scimmie ad una forma ibrida di HIV denominata SHIV. A seguito dell’infezione, le scimmie risultavano del tutto protette non sviluppando alcun segno di infezione.
In un altro esperimento hanno iniettato il farmaco a scimmie già infette, non trattate e con un carico virale molto alto. Nel giro di 30 giorni i ricercatori si accorgevano che il farmaco riduceva molto la quantità di virus nel sangue. Tuttavia, come succede quando si tratta un’infezione consolidata come quella da HIV con singolo farmaco, i livelli di virus “rimbalzavano” in due o tre settimane.
I ricercatori hanno quindi testato la cART nei macachi riducendo nei loro corpi i livello di SHIV ma interrompendo la terapia il virus si riprendeva rapidamente.
Secondo Kay, la maggioranza dei ceppi di HIV possono essere bloccati dal farmaco CPT31, almeno nei macachi.
Tuttavia gli esperimenti sembrano infondere fiducia perché, come rileva il comunicato stampa, da solo il CPT31 è riuscito a stabilizzare il virus ad un livello non rilevabile nei macachi per mesi fino a quando la somministrazione dello stesso farmaco non è stata interrotta.
“Una tale ‘terapia di mantenimento semplificata potrebbe presentare ai pazienti una nuova opzione per il controllo virale che è più conveniente da assumere e ha meno effetti collaterali”, spiega ancora Kay.
I primi esperimenti clinici sull’uomo sono programmati per la fine di quest’anno e solo allora si potrà sapere se davvero il CPT31 è sicuro per gli esseri umani nonché efficace allo stesso livello di quello visto sui macachi.
Approfondimenti
- Long-acting, Injectable Drug Could Strengthen Efforts to Prevent, Treat HIV | University of Utah Health (IA)
- Prevenzione e trattamento dell’infezione SHIVAD8 nei macachi rhesus da parte di un potente inibitore peptide d dell’ingresso dell’HIV | PNAS (IA) (DOI: 10.1073/pnas.2009700117)
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