
Mangiare avocado può avere un effetto sorprendente sulla riduzione del grasso del ventre ma ciò sembra valere solo per le donne secondo un nuovo studio condotto da ricercatori dell’Università dell’Illinois a Urbana-Champaign. La ridistribuzione del grasso della pancia che sembra essere provocata dagli avocado può avere effetti positivi su varie malattie di natura metabolica tra cui il diabete di tipo 2.
L’esperimento
I ricercatori hanno fatto partecipare all’esperimento 105 persone adulte con un’età compresa tra i 25 e i 45 anni in sovrappeso oppure obese (il 61% femmine) assegnandole in due gruppi: il primo composto da 53 persone doveva portare avanti una dieta che vedeva per cena anche un avocado mentre il secondo composto da 52 persone portava avanti una dieta molto simile ma senza l’avocado serale.
L’esperimento è durato per 12 settimane; alla fine i ricercatori si sono interessati alla distribuzione del grasso addominale.[1]
I risultati
I risultati mostravano che i partecipanti che non mangiavano l’avocado la sera non subivano alcun cambiamento mentre i partecipanti che invece consumavano l’avocado serale mostravano una ridistribuzione benefica dello stesso grasso nell’area della pancia.
I ricercatori notavano anche un’altra cosa: l’effetto benefico, che consisteva in una ridistribuzione del grasso viscerale e del grasso sottocutaneo, avveniva perlopiù solo nelle donne. I maschi, infatti, non sembravano essere coinvolti in questo processo.[1]
Tuttavia gli stessi maschi non subivano alcun danno, neanche in relazione al livello di glucosio.
Benefici del consumo quotidiano di avocado
“La nostra ricerca non solo getta una preziosa luce sui benefici del consumo quotidiano di avocado sui diversi tipi di distribuzione del grasso tra i sessi, ma ci fornisce una base per condurre ulteriori lavori per comprendere il pieno impatto che gli avocado hanno sul grasso corporeo e sulla salute”, spiega Richard Mackenzie, un professore di metabolismo umano dell’Università di Roehampton, Londra, che ha partecipato allo studio il quale è stato realizzato da un team guidato da Naiman Khan, professore di kinesiologia all’Università dell’Illinois.[1]