
Un nuovo studio suggerisce che gli uomini di Neanderthal vantavano una meccanismo di respirazione diverso dal nostro. La ricerca si è basata su alcuni resti umani di uno scheletro di un uomo di Neanderthal, vissuto circa 40.000 anni fa nella zona dell’odierno Israele e classificato come Kebara 2 ma soprannominato “Moshe”.
Questi resti possono vantare, a differenza di molti altri ritrovamenti, vertebre e costole ben preservate, nonché varie altre regioni anatomiche come la pelvi o l’osso ioide (un osso del collo).
Molti resti di scheletri di uomini di Neanderthal, infatti, non possono vantare le stesse caratteristiche di preservazione in quanto la colonna vertebrale e le costole sono tra gli elementi più fragili dell’intero gruppo scheletrico e quindi tendono a spezzarsi e a perdersi nel corso degli anni, divenendo poi difficilmente reperibili.
Il gruppo di ricerca, che ha pubblicato i propri risultati su Nature Communications, ha usato un particolare sistema per realizzare un modello virtuale del torace attraverso la tomografia computerizzata delle vertebre, delle costole e delle ossa pelviche.
Assemblando al computer i vari pezzi anatomici, attraverso una software 3D appositamente progettato tramite il quale hanno scansionato ogni vertebra e tutti i frammenti delle costole per poi “rimontarli” insieme, gli studiosi hanno trovato nette differenze tra il torace degli uomini di Neanderthal e quelli di un uomo moderno.
Come specificano Daniel García-Martínez e Markus Bastir, ricercatori del Museo Nazionale delle Scienze Naturali (MNCN-CSIC, Spagna) ed autori dello studio, “La colonna vertebrale del Neanderthal si trova più all’interno del torace rispetto alle costole, cosa che fornisce maggiore stabilità. Il torace è anche più ampio nella sua parte inferiore”.
Queste informazioni suggeriscono che gli uomini di Neanderthal facevano un affidamento ben maggiore sul diaframma per respirare rispetto agli uomini moderni, i quali si affidano non solo sul diaframma ma anche sull’espansione della gabbia toracica. Questi nuovi dati supportano, tra l’altro, la teoria secondo la quale gli uomini di Neanderthal potevano vantare una capacità polmonare più grande rispetto agli uomini moderni.
Kebara 2
Kebara 2 (o KMH2) è uno scheletro maschile di mezza età di un uomo di Neanderthal di 60.000 anni fa. Fu scoperto nel 1983 da Ofer Bar-Yosef, Baruch Arensburg e Bernard Vandermeersch in uno strato musheriano di nella cava di Kebara, in Israele. La sua disposizione suggeriva che fosse stato deliberatamente sepolto sebbene, come ogni altra presunta sepoltura intenzionale del Paleolitico Medio, questo è stato messo in discussione. Attualmente Kebara 2 è conservato all’Università di Tel Aviv.
Kebara 2 è lo scheletro neandertaliano post-cranico più completo mai trovato e ha svolto un ruolo importante in tre dibattiti sull’anatomia e il comportamento dei Neanderthal, ovvero i vincoli anatomici del parto, la loro capacità di parlare e la forma e le dimensioni del loro petto.
Sul primo di questi dibattiti i paleontologi hanno trovato un accordo (ha contribuito a risolvere in negativo il dibattito sul fatto che i Neanderthal avessero dei vincoli ostetrici legati al parto diversi da quelli degli umani moderni), sul secondo no, mentre sul terzo si è scatenata una nuova discussione riguardante in particolare la forma a botte che si credeva avesse il torace dei Neanderthal da quando furono descritti da Hermann Schaaffhausen nel 1858.
Kebara 2 è stato il primo esemplare di Neanderthal per il quale è stato preservato l’osso ioide, un osso nella gola strettamente correlato al tratto vocale. La sua anatomia era praticamente identica a quella moderna, e ciò ha portato gli scienziati a suggerire che i Neanderthal possedessero almeno una parte dei requisiti fisici per la parola. Questo dibattito ha suscitato molte discussioni, con alcuni autori che hanno valutato le somiglianze tra le ossa dei Neanderthal e le ossa moderne suggerendo che i Neanderthal avessero abilità vocali paragonabili agli umani moderni, mentre altri hanno sottolineato che anche i maiali hanno ossa ioide simili a quelle degli umani moderni. Se davvero i Neanderthal avessero potuto parlare, avrebbero potuto avere una gamma di suoni vocali più ristretta rispetto a quella moderna, dal momento che la base cranica di alcuni Neanderthal assomiglia più a quella dei moderni bambini umani che non agli adulti. Oggi, tuttavia, molti scienziati credono che il comportamento di Neanderthal sia troppo complesso per essere spiegato senza almeno una qualche forma di linguaggio di base.
La forma e le dimensioni del torace sono importanti per ricostruire la paleobiologia dei Neanderthal, poiché la grande forma del suo torace è stata interpretata in alti livelli di attività, nel suo adattamento al freddo (sebbene questo sia stato messo in dubbio) e in un’alta massa corporea. Il torace di Kebara 2 è l’unica gabbia toracica di Neandertal ben conservata ed è stata studiata estesamente.
Nel 2005, Sawyer e Maley hanno utilizzato la gabbia toracica e il bacino di Kebara 2 nella ricostruzione completa di uno scheletro di Neanderthal. Fu la prima volta che una gabbia toracica di Neanderthal fu ricostruita. L’area inferiore della costola diede all’intera cassa toracica un aspetto a campana, piuttosto che una forma a botte, ossia la forma che si credeva avessero i Neanderthal per quanto riguarda il torace.
Gómez-Olivencia et al. (2009) hanno usato Kebara 2 per respingere la proposta di Franciscus e Churchill (2002) secondo cui i toraci superiori dei Neandertaliani dell’Europa occidentale, a causa del loro adattamento al freddo, si sarebbero potuti espandere di più (lungo il piano sagittale) rispetto a quelli dei Neanderthal del Vicino Oriente.
Gli autori hanno anche scoperto che il torace superiore di Kebara 2 era all’interno della gamma umana moderna, ma anche che il torace medio-inferiore è più grande di quello degli umani moderni. Nel 2015, un gruppo di scienziati francesi ha rivelato di non essere d’accordo mettendo in dubbio qualsiasi deviazione dalla teoria relativa ad un torace dalla forma e dalle dimensioni umane moderne. Usando uno scanner 3D riportarono, infatti, alcune piccole differenze nelle costole inferiori.
I ricercatori temevano che le escrescenze ossee sulle costole dello scheletro fossero indicative di una malattia cronica, cosa che avrebbe potuto compromettere l’utilità del campione per lo studio generalizzato dei Neanderthal. Alla fine del 2018, i ricercatori spagnoli hanno confermato che le ossificazioni endocostali sulle costole destra 5, 6, 7 e probabilmente erano il risultato di una malattia genetica che comunque non ha influenzato la vita quotidiana di Kebara 2.
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