
Un antibiotico già conosciuto da 35 anni può rivelarsi utile anche contro un forte “superbatterio”, il tutto grazie ad un nuovo metodo di screening che va ad imitare l’interno del corpo umano in maniera più efficiente. È questo il senso di un nuovo studio apparso su Nature Microbiology condotto da ricercatori dell’Università della California del Sud.
Quest’ultimi hanno infatti scoperto che la rifabutina si rivela “altamente attiva” contro l’Acinetobacter baumannii, un batterio multiresistente, ossia resistente a diverse tipologie di antibiotici, che può creare gravi infezioni ai polmoni, meningite e infezioni del sangue, soprattutto all’interno delle strutture sanitarie.
Questo antibiotico esiste da più di 35 anni ma non era mai stato analizzato in relazione alle infezioni da Acinetobacter, come spiega Brian Luna, professore di microbiologia molecolare e immunologia della Keck School of Medicine dell’USC: “In futuro, potremmo trovare molti nuovi antibiotici che sono stati persi negli ultimi 80 anni perché i test di screening utilizzati per scoprirli erano non ottimali”.
Creato per contrastare la tubercolosi, in particolar modo in quelle persone già affette da AIDS, questo antibiotico sembra molto attivo contro l’Acinetobacter baumannii grazie ad una sorta di “cavallo di Troia” con il quale induce il batterio ad introdurre l’antibiotico al proprio interno bypassando le stesse difese batteriche.
“La rifabutina può essere utilizzata immediatamente per trattare tali infezioni perché è già approvata dalla FDA, economica e generica e sul mercato”, spiega Brad Spellberg, direttore del Centro Medico dell’università americana e autore senior della ricerca. “Ma vorremmo vedere studi clinici controllati randomizzati per dimostrare la sua efficacia, in modo da saperlo con certezza in un modo o nell’altro.”