Scienziati scoprono gene che potrebbe aiutare a far crescere raccolti più velocemente

Uno gruppo di scienziati dell’Università di Cambridge e Bordeaux dichiara, tramite uno studio pubblicato su Nature Plants, di aver effettuato una scoperta che potrebbe essere molto utile onde far crescere raccolti più velocemente.
Nello specifico hanno scoperto un particolare gene che può ampliare quello che può essere considerato come un collo di bottiglia per quanto riguarda la circolazione delle sostanze nutritive nelle piante, cosa che a sua volta potrebbe aumentare i raccolti.

Aumentare l’efficienza dei i raccolti migliorando le modalità con le quali le piante trasportano gli zuccheri al proprio interno nonché proteine ed altri nutrienti organici è uno degli scopi principali in molti laboratori di ricerca impegnati nel miglioramento dell’odierna agricoltura.
Tuttavia per raggiungere questo scopo si deve prima ottenere una profonda comprensione dei fattori che influenzano questo “trasporto locale” affinché possa poi essere possibile indirizzarlo artificialmente verso parti specifiche della pianta, in primis quelle parti che vengono raccolte come i frutti, i semi e i tuberi.

A tal proposito il gruppo di ricerca, guidata da Yrjö Helariutta del Sainsbury Laboratory Cambridge University (SLCU) e da Emmanuelle Bayer dell’Università di Bordeaux, hanno fatto un passo in avanti scoprendo uno nuovo gene, denominato Phloem Unloading Modulator (PLM), che è responsabile in grossa parte di questo traffico alterando i canali che collegano le cellule vegetali vicine denominate plasmodesmata.
Questi canali, che sono rivestiti di una particolare membrana nanometrica, attraversano le pareti cellulari e collegano le cellule vegetali consentendo poi il passaggio delle sostanze nutritive.

I ricercatori hanno effettuato esperimenti sulle piante di Arabidopsis thaliana. Hanno scoperto che una versione mutata di questa pianta senza il gene PLM rilascia più sostanze dal floema, un tessuto che nelle piante ha proprio il compito della trasporto di nutrienti, fino all’estremità delle radici.
Hanno inoltre scoperto che i geni PLM sono coinvolti nella biosintesi degli sfingolipidi, un tipo di lipidi associati allo sviluppo della pianta.

Fonti e approfondimenti

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