
Un sistema di buchi neri primordiali è stato individuato dai ricercatori tramite un metodo di lente gravitazionale a raggi X. È la prima volta che si utilizza l’effetto di lensing gravitazionale per rendere più nitide le immagini ai raggi X di oggetti così distanti. È quello che hanno fatto i ricercatori utilizzando i dati raccolti dal Chandra X-ray Observatory, un telescopio spaziale della NASA.
Fenomeno della “lente gravitazionale”
Il fenomeno della “lente gravitazionale” è già da diversi anni sfruttato dagli astronomi per ingrandire o migliorare le immagini di oggetti più distanti. Si tratta di un fenomeno che vede la luce distorta dalle masse più grandi, di solito stelle o galassie, che si frappongono tra l’osservatore e l’oggetto stesso.
La luce degli oggetti più distanti può essere ingrandita o amplificata e a volte le immagini stesse possono risultare duplicate in un effetto alquanto particolare.
Raggi X emessi da buchi neri supermassicci molti miliardi di anni fa
In questo caso i ricercatori hanno esaminato, con questo metodo, i raggi X rilevati dal Chandra ed emessi da un sistema di buchi neri molti miliardi di anni fa, quando il nostro universo aveva solo 2 miliardi di anni. Si tratta dunque di oggetti lontanissimi che sarebbero praticamente inosservabili senza usare il “trucchetto” della lente gravitazionale. Lo spiega anche Dan Schwartz, un ricercatore del Center for Astrophysics, Harvard & Smithsonian (CfA), che ha realizzato lo studio a sua volta basato su ricerche condotte da Cristiana Spingola, attualmente ricercatrice presso l’INAF di Bologna, coautrice dello studio.
I ricercatori sono arrivati anche alla conclusione che uno degli oggetti individuati tramite il lensing gravitazionale senza quest’effetto sarebbe stato 300 volte meno luminoso, praticamente impercettibile.
Tre sorgenti diverse: forse solo due buchi neri
I ricercatori hanno prima usato i dati relativi alle osservazioni radio del sistema di lenti gravitazionali MG B2016+112 per scoprire una coppia di buchi neri supermassicci separati da una distanza di soli 150 anni luce ed in rapida crescita. In seguito hanno scoperto che le tre sorgenti di raggi X distinte in realtà sembrano appartenere a soli due oggetti, cosa spiegabile con il fenomeno di duplicazione a cui abbiamo accennato sopra.
Molto probabilmente si tratta di due buchi neri supermassicci in crescita, forse di un solo buco nero supermassiccio e del suo getto.
Osservazioni simili dello stesso telescopio spaziale, inerenti a sistemi di due o tre buchi neri supermassicci in crescita, di solito riguardavano oggetti molto più vicini al nostro pianeta o comunque oggetti molto più distanti tra loro.
Buchi neri supermassicci diventati enormi in poco tempo: come hanno fatto?
Lo studio è importante anche per i tentativi che gli scienziati e gli astronomi stanno facendo per risolvere uno dei principali misteri riguardanti i buchi neri supermassicci. Gli scienziati stanno già da tempo, infatti, individuando buchi neri supermassicci che sembrano essersi formati solo dopo poche centinaia di milioni di anni a seguito del Big Bang. Come questi buchi neri enormi abbiano guadagnato masse del genere in così poco tempo resta ancora un mistero, come spiega Spingola.
Sistema potrebbe produrre onde gravitazionali
Inoltre il sistema di due buchi neri supermassicci individuato dai ricercatori potrebbe produrre particolari onde gravitazionali, data la loro estrema vicinanza, le quali potrebbero essere intercettate con rilevatori spaziali futuri.
In ogni caso si tratta dell’ennesimo studio che mostra quanto il fenomeno del lensing gravitazionale sia importante per effettuare osservazioni che mai potremmo fare anche con il più avanzato dispositivo di osservazione che potremmo creare.
Note e approfondimenti
- Resolving Complex Inner X-Ray Structure of the Gravitationally Lensed AGN MG B2016+112 – IOPscience (IA) (DOI: 10.3847/1538-4357/ac0909)