Scoperto ceppo di lievito nel sakè che produce tantissima ornitina, sostanza che riduce fatica

Credito: HOerwin56, Pixabay, 4853987

Un’interessante scoperta è stata effettuata da un team di ricercatori dell’Istituto di Scienza e Tecnologia di Nara riguardo al sakè, la nota bevanda giapponese ottenuta tramite la fermentazione del riso. Gli scienziati hanno scoperto un ceppo di lievito mutante, all’interno dello stesso sakè, che può produrre livelli molto alti dell’ornitina, un amminoacido che ha un ruolo importante nel ciclo dell’urea. Questo ceppo produce una quantità 10 volte superiore di questo amminoacido rispetto al ceppo di lievito normale da cui è stato generato.
È stato riscontrato in passato che l’ornitina può svolgere diverse importanti funzioni fisiologiche tra cui la riduzione della fatica e il miglioramento qualitativo del sonno.

Come sono arrivati a questa scoperta? I ricercatori volevano scoprire ceppi di lievito di sakè che avessero una tolleranza migliore all’etanolo. Quest’ultimo, che si sviluppa proprio durante il processo di fermentazione, impedisce infatti la crescita nonché la vitalità delle cellule del lievito, come spiega Masataka Ohashi, uno dei ricercatori impegnati nello studio pubblicato su Metabolic Engineering.
Nel cercare questi ceppi di lievito più tolleranti all’etanolo, gli scienziati hanno isolato diversi ceppi mutanti tra quelli che accumulavano maggiormente la prolina. Quest’ultima è infatti una sostanza che può diminuire la tossicità dell’etanolo. Inoltre hanno eseguito sequenziamenti dell’intero genoma dei ceppi di lievito del sakè.

Alla fine hanno scoperto un nuovo ceppo che aveva una mutazione in base alla quale riusciva a produrre molta più ornitina dei ceppi genitori. Oltre che per migliorare la qualità della sakè stesso, questi nuovi ceppi potrebbero essere utilizzati anche per produrre integratori di ornitina per il consumo umano: “Il lievito è affidabile e sicuro nella produzione alimentare, e quindi lo sviluppo di nuovi ceppi che producono una quantità in eccesso di ‘amminoacidi funzionali’ come ornitina, prolina e amminoacidi ramificati, contribuirebbe notevolmente alle industrie legate al cibo”, spiega ancora Hiroshi Takagi, professore ed autore corrispondente dello studio.

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